Un libro che è un tributo alla "causa tibetana", raccontata attraverso la vita quotidiana della popolazione in esilio, la scuola dei bambini rifugiati, giovani monaci esiliati accolti nei monasteri di Dharamsala in India e pellegrini che giungono per celebrare la grande festa di Losar, il capodanno tibetano.
Il lavoro, commissionato al fotografo Patricio Estay (esule a sua volta) da "Vanity Fair" e durato sette anni, è il secondo grande reportage dell'autore, dopo quello svolto in occasione del 70° compleanno del Dalai Lama, nel 2005.
Il libro è diviso in quattro, diverse per stile e contenuti: Cina, Kathmandu, Dharamsala, Cina (di nuovo).
La prima Cina sembra quasi d'annata col suo bel bianconero che rende più intime - talvolta drammatiche - le immagini; l'ultima è un'esplosione di colori, spesso urlati dalle insegne metropolitane, dai fari delle auto e dalle vetrine che mettono in mostra le prostitute.
Immagini diverse e contrastanti per situazioni in realtà complementari: da una parte l'intensa spiritualità, dall'altra il clamore di tutto ciò che la trascende.
Le foto, stampate a tutta pagina e spesso a doppia pagina (scelta non sempre felice, a mio avviso, in quanto impedisce il godimento complessivo dell'immagine), sono in bianconero ed a colori a seconda dei momenti da raffigurare e dalle emozioni da trasmettere.
Non aspettatevi foto nitidissime e ricche di dettagli perché Estay spesso fa uso del mosso e dello sfocato: anziché cogliere l'attimo fuggente ha cercato di riprenderne diversi e di mostrarci un momento di vita vissuta - non congelata -, un'azione in divenire, così come incerto e ugualmente in fieri è, ancor'oggi, il destino del popolo tibetano.
Il volume è introdotto da un messaggio di pace del Dalai Lama che pone l'accento sulla grande forza d'animo con cui il popolo tibetano tenta di continuare a mantenere le proprie tradizioni e la propria spiritualità e da una prefazione di Walter Veltroni che racconta anche del suo incontro col Dalai Lama: «Il suo sogno lo ha raccontato più volte. E' quello racchiuso nelle parole pronunciate quando ritirò il Premio Nobel: "Trasformare l'intero altopiano tibetano in un libero rifugio in cui la specie umana e la natura possano vivere in pace e in armonioso equilibrio. Un luogo in cui le persone, provenienti da tutte le parti del mondo, potrebbero andare a cercare il vero significato della pace dentro se stesse, lontano dalle tensioni e dalle pressioni presenti nella maggior parte del resto del mondo". Ma il sogno non può essere raggiunto se non al termine di un lungo cammino, e quel cammino ha bisogno, per essere compiuto, di passi concreti, da fare uno alla volta, sapendo scegliere il tempo opportuno. Per questo il Dalai Lama non chiede, oggi, la separazione, l'indipendenza dalla Cina, ma l'autonomia del Tibet. Un'autonomia, vera, affinché il popolo tibetano possa semplicemente viivere secondo la sua storia e le sue tradizioni. Un'autonomia da raggiungere attraverso l'unica via possibile: quella del dialogo, della ricerca di un punto d'incontro, percorrendo - come lui stesso ha detto - una strada di mezzo».
Rino Giardiello © 01/2008
Riproduzione Riservata
IL LIBRO
Titolo: TIBET - LAND OF EXILE
Autore: Patricio Estay
Editore: Skira/Vanity Fair
Pubblicazione: 12/2007
Numero di pagine: 242
Formato: 23,5 x 30 cm
110 foto a colori e 110 in bianconero
Copertina rigida cartonata
Prezzo: Euro 39,00
ISBN: 978-88-6130-573-1 I
Preparativi per il nuovo anno tibetano al monastero di Kirti a Dharamsala.
Monastero di Namgyal, adiacente il tempio principale di Thekchen Choeling, a Dharamsala.
Un monaco partecipa ad una cerimonia al tempio di Lhagyal-Ry durante il Losar.
Prostitute in vetrina al Red Light Bar, a Lhasa.