Un testo precursore che,
riedito dopo 25 anni, ha mantenuto intatta la forza
necessaria a guidare il lettore in un percorso
storico-critico appassionato ed appassionante,
all'insegna della contaminazione incessante tra la
fotografia e le altre arti.
Henry Peach Robinson, Alba e Tramonto, 1861. Robinson, padre del Pittorialismo fotografico, fu talmente affascinato da questa figura di vecchio incontrata per caso, che gli inventò attorno una fotografia. Si fece costruire un vero cottage (di cartapesta e mattoni) per assecondare la sua fantasia. L'immagine finale è frutto di un'abile sovrimpressione, in fase di stampa - con l'ausilio di mascherine di velluto nero - di diversi negativi. Ovvero: come materializzare un sogno.
Di fronte alle morbide immagini di Julia Margaret Cameron, come non parlare della diatriba - estetica ed etica insieme - 'sfuocato VS nitido', o dei temi prediletti dai coevi pittori Preraffaelliti?
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addetti ai lavori su questa che a noi sembra una vergognosa
speculazione, immorale e ostile alla libera, gratuita e
spassionata diffusione della cultura sul web. Un metodo
ignobile, atto solo a mortificare e ghettizzare
ulteriormente l'arte e la cultura in Italia.
Titolo
d'esordio della nuova collana di saggistica fotografica, intitolata 'round photography (e pubblicata dall'editrice Quinlan, a cui fa capo
anche la rivista Around Photography, di cui trovate
la nostra recensione QUI), questo saggio
svela già nella copertina le due linee guida che tracciano il percorso
lungo il quale si svilupperà ogni riflessione.
Dunque, se da una parte la fotografia sarà indagata in una prospettiva
'illusionistica', dall'altra ci si dedicherà a sondare le sue potenzialità
'disvelatrici'.
Ad ogni modo, la domanda di partenza, "illusione o rivelazione?",
nasce già orfana di risposte: basterà poco per rendersi conto, nel corso
della lettura, come sia obiettivamente impossibile relegare la fotografia
in una qualsiasi delle due categorie.
La fotografia, sin dalle sue origini, si configura immediatamente come un
groviglio inestricabile di realtà e artificio, di occultamento e
disvelamento. All'interno di ogni scatto (così come all'interno di ogni
epoca) c'è un po' dell'uno e un po' dell'altro, contemporaneamente (e ogni
distinzione può essere fatta solo in base al prevalere di una o l'altra
delle due identità).
La fotografia può essere tutto e il contrario di tutto, in sostanza, ma
una cosa è certa: non potrà mai essere considerata come una mera
rappresentazione oggettiva del reale 'così com'è'. Prendiamolo come ideale
punto di partenza per cimentarci in questa appassionante lettura.
Due parole sugli autori. Claudio Marra sarà probabilmente un nome noto ai
più: docente di Storia della Fotografia all'Università di Bologna, è
attualmente tra i massimi studiosi del campo ed ha al suo attivo
numerosi titoli di saggistica (ricordo solo il più celebre e il più
recente: Fotografia e pittura nel Novecento e L'immagine
infedele); Francesca Alinovi era una promettente ricercatrice presso
il Dipartimento di Arti Visive della stessa Università, drammaticamente
scomparsa due anni dopo la pubblicazione del libro.
Mi verrebbe da esordire
affermando senza indugi l'estrema piacevolezza di questo saggio, che si
legge senza intoppi, che 'scivola via' che è un piacere, nonostante la
densità estrema dei contenuti.
Poi, ripensandoci, mi rendo conto che molta
di questa immediatezza dipende forse dalla minore o maggiore preparazione
di ogni singolo lettore...ma probabilmente meno di quanto accada di solito: è
davvero una lettura che sorprende piacevolmente, con la sua comunicatività
accogliente che, specie nella prima parte, sa fare a meno di tutti quei tronfi paroloni che
appesantiscono mortalmente la gran parte dei saggi (e non fatevi
spaventare dall'introduzione di Barilli!: bella, ma un po' più impegnativa per i non 'addetti ai
lavori').
I due punti di vista, storico e critico, si sviluppano di pari passo,
amalgamandosi senza scosse e riuscendo a non cadere nei due difetti troppo
spesso appaiati a questi due differenti approcci: niente pedanteria,
quindi, e nessuna aridità da 'elenco telefonico' di certe storie della
fotografia. Qui la lettura riesce in molti casi a farsi addirittura
avvincente, probabilmente anche grazie ad una delle caratteristiche
peculiari più importanti del saggio: lo sviluppo del 'fare fotografia'
viene infatti inserito in un panorama ben più ampio, all'insegna di una
fertile contaminazione reciproca tra le diverse arti.
Ed è soprattutto questo aspetto che, 25 anni fa (all'epoca della sua prima
pubblicazione), fece di questo libro un testo precursore (considerato che
la contaminazione tra le arti è la cifra caratteristica dell'oggi), tanto
da farlo arrivare ai giorni nostri senza aver perso di attualità.
L'ambiziosa volontà dei due autori era quella di accogliere le tante
storie divise in un'unica storia che le contenga tutte e che renda conto
degli inestricabili rapporti tra l'una e l'altra arte: ecco quindi che,
accanto ovviamente alla fotografia, ci si troverà a parlare di pittura, di
mutamenti delle teorie estetiche e percettive, di letteratura,
architettura, filosofia e
cinema, seguendone gli sviluppi paralleli.
Una metodologia di studio che, se oggi può apparirci scontata, nei primi
anni Ottanta non lo era affatto, e anzi fu inaugurata, in Italia, proprio da testi
come questo.
Un percorso sfaccettato, quindi, che appena può si insinua nel 'dietro le
quinte' dell'immagine, svelando interessanti retroscena e soprattutto
rendendo incredibilmente viva e pulsante la storia della fotografia (soprattutto
nella prima parte: ne è
un esempio, tra i tantissimi altri, il racconto dell'avventurosa creazione del
fotomontaggio Alba e Tramonto di Robinson, riportato sopra).
Al di là di ogni categoria astratta, in fin dei conti la fotografia emerge
soprattutto in quanto passione e, direi quasi, febbre travolgente.
La prima parte è dedicata alla fotografia come illusione,
fuga, evasione: dal tempo, dallo spazio, da se stessi (in due parole:
dalla realtà).
Una fotografia che, lungi dal farsi specchio fedele del reale, amplifica
il caos delle apparenze, generando infinite altre realtà ed identità
parallele, materializzando fantasie e sogni, confondendo le acque calme
della verosimiglianza attraverso 'messe in scena', trucchi, invenzioni.
Si parte inevitabilmente dalle origini (anni in cui la fotografia è in
piena crisi di identità, lacerata a causa della sua duplice e ambigua
natura: meccanico-scientifica e creativo-artistica; anni di accese
polemiche tra Pittorialisti e fotografi 'puri': gli uni impegnati a
conferire dignità d'arte alla fotografia attraverso l'artificio, in
perenne competizione con la pittura, gli altri
ad aborrirlo in nome di un'oggettività scientifica), fino ad arrivare
all'Arte concettuale degli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
Un lungo percorso, dunque, nel corso del quale si incontrano, tra gli
altri, i travagliati fotomontaggi di Rejlander e Robinson, i fantastici
racconti inventati da Lewis Carroll - compreso Alice in Wonderland - per convincere le sue modelle-bambine a posare per lui, le imprese
eroiche dei primi fotografi in fuga nell'esotismo d'Oriente, costretti a
girare il mondo trascinandosi dietro spropositate attrezzature; e ancora:
il nostalgico barone von Gloeden, intento a resuscitare un passato mitico,
spalmando una speciale lozione sui giovanissimi corpi siciliani dei suoi
modelli, per renderli levigati come statue antiche; il visionario
'spiritismo architettonico' di Laughlin, il surrealismo di Angus McBean.
Per finire con l'ambiguità erotica, il travestitismo e i tormenti concettuali
di artisti-fotografi (che possono finalmente dirsi tali, essendo caduta la
rigida opposizione iniziale) come Duane Michals, Urs Lüthi, o un Robert
Mapplethorpe appena affacciatosi alla ribalta, che trovano
nella fotografia - mescolata a piacere con ogni altra arte - il mezzo
ideale per smaterializzare l'opera (l'oggetto artistico), materializzando
al contempo l'idea, il concetto, che sono poi gli indiscussi protagonisti
di questa stagione artistica.
La seconda parte oppone all'occultamento di cui sopra (ma in maniera
elastica e 'senza combattimento', per dirla con Marra) un fare fotografico
all'insegna del disvelamento epifanico del reale, in grado di conferire
rilievo e fascino a ciò che prima languiva nell'insignificanza.
Alla stregua di un ready-made dadaista, la fotografia viene qui
presa in considerazione in quanto mezzo di 'rivelazione', appunto, capace
di indirizzare le cose alla nostra attenzione, grazie anche alla loro
decontestualizzazione dal fluire continuo del tempo (il 'fermare l'attimo'
è senza dubbio un procedimento straniante); spogliate da ogni velo offuscante,
sono così messe in grado di 'parlare' con voce
nuova, potente, dandoci la sensazione di vederle davvero per
la prima volta. Che cos'è infatti il 'momento decisivo' di
tanta fotografia istantanea novecentesca, se non il far la posta alla
realtà, pronti a coglierla fulmineamente nell'attimo in cui ci si riveli
in modo nuovo, lasciando trasparire la sua essenza profonda?
Qui avrebbe dovuto esserci un'immagine. Ringraziamo la SIAE e il suo remare contro la libera diffusione della cultura sul web |
Alfred Stieglitz, Inverno sulla Quinta Strada, 1893. Frutto di un appostamento di tre ore, nel mezzo alla bufera, in attesa del "momento d'equilibrio": quello in cui le cose si rivelino in maniera nuova, in cui il caos del mondo si dissolva per un attimo, lasciando affiorare il vero volto del reale. Un esempio, dunque, di 'fotografia rivelativa'.
Qui avrebbe dovuto esserci un'immagine. Ringraziamo la SIAE e il suo remare contro la libera diffusione della cultura sul web |
Anche le rayografie di Man Ray
rispondono ad una necessità 'rivelativa': il disporre
casualmente gli oggetti più banali su carta sensibile,
lasciando che vi si stampino liberamente, non è altro che un
modo di interrogare il reale. Dare letteralmente 'carta
bianca' agli oggetti significa invitarli a rivelare la loro
essenza, al di là di ogni apparenza o vincolante funzione
pratica
La fotografia,
accantonata ogni simulazione, diviene sguardo indagatore che
interroga il mondo per 'coglierlo di sorpresa', eternando in
immagine ogni cedimento, per quanto impercettibile esso sia.
E' un tentativo di penetrare sotto la scorza dura
dell'apparenza, per riconquistare una relazione col mondo
che si basi non più sul suo 'mettersi in posa', bensì sul
suo rivelarsi al nostro occhio senza più trucchi. Una
fotografia che, anziché fuggirlo, 'va verso il mondo' invece
di simularne dei nuovi, tentando di far emergere da ciò che
ha intorno qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto
irrimediabilmente nascosto (sia esso un particolare 'fisico'
o un'immateriale sensazione).
Questo approccio trova il suo habitat naturale nello
specifico culturale del Novecento, in cui la fotografia,
sempre meno affannata a rincorrere un'artisticità esasperata
che tenga a bada il suo complesso di inferiorità nei
confronti della pittura (dal quale va progressivamente
liberandosi), può finalmente dedicarsi a testare queste sue
ulteriori capacità sensibili. Ecco quindi sfilare, in questa
seconda parte, i grandi nomi del XX secolo: l'istantaneità
pioniera di Stieglitz, la 'schedatura di tipi' di Sander, i
'particolari inutili' di Atget, la fotodinamica di
Bragaglia, lo snobismo di Man Ray nei confronti della
macchina fotografica e la magia surreale dei suoi rayographs (corrispettivi in immagine della 'scrittura
automatica' usata per sondare le profondità dell'inconscio),
i montaggi dadaisti di Heartfield, la 'candid photography'
di Salomon, l'ambiguo fascino del vizio nel 'bordello senza
muri' di Brassaï; e poi gli inevitabili Cartier-Bresson,
Ansel Adams e Diane Arbus, per concludere infine con
un'incursione in ambito Pop e Concettuale.
Un testo, in conclusione, che riconcilia con un genere
troppo spesso anti-comunicativo per antonomasia come la
saggistica, ma soprattutto - nonostante il suo inevitabile
arrestarsi a 25 anni fa - un validissimo strumento di
approfondimento di storia e critica della fotografia.
Serena Effe © 11/2006
Riproduzione Riservata
SCHEDA
Titolo: La fotografia. Illusione o rivelazione?
Autori: Francesca Alinovi - Claudio Marra
Editore: Quinlan, 2006 (prima edizione per Il Mulino, 1981)
Pagine: 319 (39 immagini b/n nell'inserto centrale)
Prezzo: 20
euro
Sommario:
Prefazione di Roberto Maggiori
Introduzione di Renato Barilli
Nota di Claudio Marra
Parte prima
La fotografia: l'illusione della realtà
di Francesca Alinovi
1. La fotografia: l'illusione della realtà
2. I padri dell'illusionismo fotografico: Rejlander e Robinson
3. La foto d'evasione
4. L'esotismo fotografico
5. Nostalgia e revivalismo: il post-modernismo fotografico
6. Realtà dell'illusione
Parte seconda
La fotografia come rivelazione
di Claudio Marra
1. La rete culturologica
2. Sulla strada della rivelazione
3. Il contributo delle avanguardie storiche
4. Le due grandi strade del realismo: il momento decisivo o l'eternità
congelata
5. Pop, concettuale, body, narrative: verso la normalizzazione