DA UNA RECENTE TRASMISSIONE DI "MI MANDA RAI 3" SONO SCATURITE ALCUNE INTERESSANTI CONSIDERAZIONI SULLA PROPRIETA' DEI NEGATIVI E LA NON SERIETA' DI ALCUNI PROFESSIONISTI DEL SETTORE.
Riceviamo e pubblichiamo dall'Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual (www.fotografi.org) un interessante contributo che aiuta a fare chiarezza su una questione molto dibattuta: la proprietà dei negativi.
L'occasione è data da una puntata della trasmissione "Mi manda Raitre" andata in onda nel gennaio del 2002. In tale puntata, una giovane coppia di sposi contestava la qualità della prestazione professionale ricevuta dal fotografo da loro incaricato del servizio matrimoniale.
Se TAU Visual dirà più avanti tutto ciò che c'è da dire da un punto di vista giuridico, noi di Nadir vogliamo cogliere l'occasione per esprimere la nostra opinione su un altro aspetto della faccenda:
la scelta del fotografo che curerà il servizio ed il prezzo "giusto" per tale servizio.
Premesso che nelle diverse città italiane vengono offerti servizi a prezzi spesso molto diversi e pagare un prezzo molto alto per avere le foto di un professionista famoso è un fatto personale che non mettiamo in discussione, esistono - invece - dei limiti verso il basso: al di sotto di una certa fascia di prezzo un servizio fotografico non può essere valido perché non solo la qualità ha un certo prezzo, ma lo ha anche il tempo di un bravo professionista. Come si abbassano i prezzi? Nulla di più facile: basta far scattare pochi rullini in 24x36 (magari una bella reflex autotutto con lo zoom) da un improvvisato assistente (eufemismo per definire uno dei tanti abusivi di cui si servono i negozianti di fotografia - scusateci, ma non ci va di chiamarli "professionisti" né "fotografi") in modo da poter fare più servizi fotografici nello stesso giorno, stampare poi delle foto 20x30 standard ed incollarle frettolosamente su un album economico. Idem per il servizio video: ormai una telecamera ce l'hanno tutti e le riprese da mal di mare vengono facilmente occultate da montaggi digitali pieni di effetti.
Del talento e delle capacità del fotografo (ma di chi saranno state le foto o le riprese viste nel negozio o nello studio?) non abbiamo volutamente parlato, ma dovrebbero essere presi maggiormente in considerazione anziché basare tutta la trattativa su una foto in più o in meno.
Queste riflessioni sono partite proprio dalle affermazioni dei partecipanti al programma secondo cui non si era voluto risparmiare sul fotografo dato che si era speso "ben" un milione e ottocentomila lire per foto, video ed album.
Ora, ferma restando la nostra solidarietà nei confronti delle vittime di un operatore quantomeno poco "trasparente", ci preme sottolineare che un vero servizio fotografico matrimoniale, se realizzato come si deve, deve avere prezzi decisamente più alti, e che 1.800.000 lire non è affatto una cifra per cui si possa dire "non abbiamo badato a spese": di solito è un prezzo al quale si arriva per le sole foto senza video ed album, magari scattate dal solito impiegato che arrotonda il sabato e la domenica e non deve pagare l'affitto di un locale, la luce, il telefono, le tasse e non ha diverse decine di milioni in attrezzatura da ammortizzare. Bisogna ricordare e sottolineare che un servizio di qualità è realizzato senza economia di scatti e con attrezzature di valore. È realizzato effettivamente dal fotografo professionista scelto del quale si sono ammirate le foto nel suo studio, e non da un suo amico/collaboratore/assistente non meglio identificato. È un servizio che comprende un processo di sviluppo e stampa di qualità. Avviene, come dire, alla luce del sole da un punto di vista contabile e fiscale, ed è definito in un contratto trasparente e regolarmente accettato da entrambe le parti (committente e fotografo), che specifichi nero su bianco cosa è incluso nel servizio e cosa no, nonché i prezzi delle prestazioni opzionali. Il cliente deve sapere sempre PRIMA cosa spenderà DOPO anche per una ristampa da regalare ai familiari ed ai testimoni.
Nel caso segnalato dalla trasmissione televisiva le prime "vittime" si sono viste consegnare delle foto davvero brutte e piene di errori, realizzate da un discutibile sostituto del fotografo accompagnato dalla moglie che effettuava le riprese video. Le seconde "vittime", invece, si sono trovate poi a pagare una somma complessiva di oltre quattro milioni a causa delle foto extra (23mila lire a scatto), delle foto ai parenti (17.000 lire l'una, sic!), delle elaborazioni, ecc., vendute a prezzi salatissimi e non comprese nel servizio base.
E questo senza avere tutte le cose che, invece, un serio professionista include nel prezzo, a partire dai banalissimi provini: le foto sono state mostrate agli sposi sul monitor di un computer che, così, si sono trovati a sceglierne molte di più del previsto senza che nessuno glielo facesse presente se non all'atto del ritiro dell'album.
Perciò: ben vengano le segnalazioni contro i fotografi disonesti, scorretti ed impreparati. È un diritto dei consumatori essere serviti da professionisti all'altezza che realizzino lavori di qualità: la differenza fondamentale tra un professionista ed un amatore, per quanto bravo, è che il professionista DEVE garantire la qualità del suo lavoro. Altrimenti non è un vero professionista, anche se dice di fare il fotografo, ha uno studio ed una partita IVA.
Allo stesso modo, bisogna imparare a capire il valore della qualità, e riconoscerne quindi il giusto prezzo, proprio come avviene in ogni altro settore economico (nessuno si sognerebbe di comprare una Mercedes SLK pagandola il prezzo di una Seicento, no?).
In questo, ci spiace dirlo, è proprio la categoria dei fotografi matrimonialisti ad essere carente. Sembra che non ci si renda conto che bisogna diffondere i valori della qualità e della serietà professionale, individuando ed isolando gli operatori disonesti ed impreparati.
Alla fine il beneficio sarebbe per tutti: per i veri professionisti e per i consumatori. Invece questo non avviene, i fotografi più bravi sono costretti ad abbassare i prezzi per combattere la concorrenza di chi, senza i "fastidi" delle tasse e dei contratti regolari, lavora sulla quantità, con livelli qualitativi bassissimi, e contribuendo a diffondere presso il grande pubblico l'idea che, poiché la gran parte dei lavori che si vedono in giro è di qualità molto modesta, tale livello qualitativo sia tutto sommato il massimo ottenibile.
Un appello anche all'esperto invitato da "Mi manda RAI 3" per verificare la qualità dell'album fotografico: non cerchiamo scuse e non diciamo la verità con mezze parole. Urliamola a gran voce ed insegniamo alla gente a capire le foto e la qualità del prodotto: la categoria non si difende minimizzando gli sbagli e gli imbrogli, ma migliorando la cultura fotografica dei clienti che non possono e non devono scegliere un professionista tramite un annuncio in bacheca e spendere 1.800.000 lire convinti di "non aver badato a spese".
Non proteggiamo i disonesti e gli impreparati, ma difendiamo chi fa la professione con passione, serietà e competenza.
Nadir Magazine © 03/2002
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I negativi di matrimonio e "Mi Manda Rai 3"
Nella puntata di "Mi Manda Rai 3" del 30 gennaio 2002 gli autori del programma e le persone intervenute sono cadute in uno scivolone su un aspetto da lungo tempo dibattuto, e oggetto da sempre di un'opera di informazione capillare da nostra parte.
Nel caso SPECIFICO della fotografia di ritratto, e quando la persona ritratta coincida con il committente (situazione che si verifica nella fotografia di matrimonio e di ritratto in studio) gli originali NON sono del committente, ma del fotografo. Conferma questo fatto la nota sentenza della suprema corte di Cassazione civile, sez I, 28/06/1980 n. 4094, reperibile - fra gli altri - in Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 6. Foro it. 1980, I, 2121, Giust. civ. 1980, I, 2101, che recita: "Nell'ipotesi di ritratto fotografico eseguito su commissione, regolata dall'art. 98, I. 22 aprile 1941 n. 633 sul diritto d'autore, il committente, diversamente da quanto stabilito dall'art. 88 comma 3 di detta legge per le fotografie di cose in suo possesso, non acquista il diritto esclusivo di utilizzazione della fotografia, il quale rimane al fotografo, pur concorrendo con quello della persona fotografata o dei suoi aventi causa di pubblicare e riprodurre liberamente la fotografia medesima, salvo il pagamento al fotografo di un equo corrispettivo nel caso che la utilizzino commercialmente. Nell'ipotesi indicata, pertanto, ove manchi un diverso patto, deve ritenersi che il fotografo conserva la proprietà del negativo e non è tenuto a consegnarlo al committente."
NON E' QUINDI VERO, come indicato in trasmissione, che i negativi debbano essere sempre - per legge - consegnati alla coppia di sposi.
(I negativi restano invece al committente - in mancanza di patti scritti - negli ALTRI casi, ma NON nel caso di fotografia di ritratto del committente)
L'argomento è in effetti molto delicato, e va affrontato con cognizione di causa.
Ecco quindi un esame dettagliato della situazione reale e generale sulla proprietà dei negativi.
IN GENERALE, DI CHI SONO I NEGATIVI O GLI ORIGINALI
Il problema della "proprietà" del negativo viene solitamente ingiustamente caricato di importanza, come ancora una volta e' avvenuto durante la trasmissione di Mi Manda Rai 3.
In realtà il "possesso" del negativo un aspetto secondario, solo derivato da quello che è il punto determinante: il tipo di cessione di diritti di sfruttamento economico.
In parole semplici, il problema risiede in questo; il negativo (o la diapositiva) in origine appartiene, evidentemente, al fotografo. Dato che, in sé, l'originale non ha valore, se viene ceduto ad altri, ciò avviene perché a questi si riconosce il diritto di far uso di quel negativo.
In sostanza, il negativo (o un equivalente, come la diapositiva originale) viene ceduto alla persona che ha il diritto di farne uso, per il tempo che tale diritto permane e per gli usi che si sono concordati. Se il fotografo cede il diritto di utilizzo per la realizzazione di un catalogo, il cliente ha diritto a detenere l'originale per il tempo necessario a questo uso; per essere fiscali, se la concessione del diritto di utilizzo è della durata di un anno, il cliente potrebbe trattenere il negativo per questa durata di tempo.
Se, invece, il fotografo cede i diritti di utilizzo senza limiti di tempo, il cliente ha diritto a trattenere il negativo per questo periodo: cioè, senza limiti di tempo.
Non si tratta, dunque, di stabilire "di chi è il negativo", quanto piuttosto: "chi, in questo momento, gode dei diritti di sfruttamento economico dell'opera?".
E evidente che, se il cliente acquista il diritto di utilizzo di un'immagine, scaduto il termine di sua competenza deve restituire l'originale, mezzo col quale tale diritto si esercita. Ci si trova nella stessa situazione di chi prende in affitto un appartamento per una stagione; al termine della stagione restituirà le chiavi, e non ha senso che si impunti per trattenerle. Quello che è scaduto è il diritto all'uso dell'appartamento, ed è sciocco discutere sul possesso del mazzo di chiavi.
Come vedremo nelle prossime pagine, tuttavia, in alcuni casi il cliente può giungere ad ottenere la cessione di tutti i diritti di utilizzo, praticamente senza che il fotografo se ne renda conto. La situazione è simile a quella nella quale un proprietario sprovveduto firmi l'atto di cessione di proprietà dell'appartamento, facendosi pagare l'equivalente di un solo anno di affitto. A quel punto, il cliente ha acquistato l'appartamento ed il diritto di usarlo, e anche in questo caso il problema non è tanto il fatto di possedere o meno le chiavi di quella casa, quanto piuttosto il fatto di essersi fatti imbrogliare vendendo a poco prezzo qualcosa di maggior valore.
Come abbiamo accennato, il fotografo è in origine titolare dei diritti di utilizzo dell'immagine e, di conseguenza "proprietario" del negativo.
Tutto il blocco dei diritti connessi si acquista semplicemente per il fatto di aver realizzato la fotografia (art. 6 della Legge). A differenza di altre opere creative, per le immagini fotografiche è del tutto superfluo il deposito di copie dell'opera presso l'Ufficio della proprietà artistica, scientifica e letteraria (art. 105). In pratica, l'autore non deve adempiere a nessuna particolare formalità per essere considerato come titolare dei diritti.
Quando si reputi che potrebbe risultare difficile dimostrare il fatto di essere stati esecutori dell'opera, ci si procurino prove della paternità degli scatti, come ad esempio:
a) marchiare i bordi del fotogramma
b) incidere tacche di identificazione sui bordi della finestrella di esposizione delle proprie fotocamere
c) effettuare foto di scena nel caso di set complessi.
PROPRIETÀ ORIGINALI, NEL CASO DELLE SEMPLICI FOTOGRAFIE
Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, come per il fotografo sia sempre prudente impostare le sue riprese in modo da poterle classificare come "opere" fotografiche.
Tuttavia, per gli scatti classificabili come "semplici fotografie" ed, in genere, per le opere commissionate e non realizzate spontaneamente, ci si rammenti che la procedura è alquanto differente. Infatti, desiderando conservare dei diritti sulle fotografie realizzate, è quasi indispensabile porre in qualche modo per iscritto una limitazione all'uso dell'immagine. Diversamente, dopo aver percepito il pagamento da parte del cliente, tutti i diritti dell'immagine realizzata su commissione passano automaticamente al cliente (art. 88); ovviamente, come abbiamo visto, questo significa che il cliente diviene anche "proprietario" del negativo.
Stessa situazione si verifica quando il fotografo esegue spontaneamente una ripresa su oggetti di proprietà del futuro cliente (art.88); ad esempio, quando il fotografo effettua la ripresa di un'automobile d'epoca e poi riesce a vendere la fotografia al proprietario dell'automobile.
Esiste tuttavia un articolo della Legge, il numero 89, che sembra concepito per offrire al cliente un'ulteriore possibilità per ottenere dal fotografo sprovveduto tutti i diritti, senza che egli se ne avveda.
L'articolo, infatti, prevede che "la cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia comprende, salvo patto contrario, la cessione dei diritti previsti all'articolo precedente, sempre che tali diritti spettino al cedente".
L'affermazione, è evidente, ha un peso significativo. Infatti, pur trattandosi di norma in esplicito riferita alle "semplici fotografie" consente di ottenere tutti i diritti di un'immagine semplicemente dimostrando di aver ricevuto dal fotografo i negativi o gli originali; unico modo per evitare l'applicazione dell'articolo è la presenza di un "patto contrario", cioè di un diverso accordo scritto.
Questa disposizione, unita a quelle dell'articolo precedente, fanno sì che, nel caso di semplici fotografie ed in assenza di particolari accordi scritti, l'originale e
tutti i diritti siano automaticamente del cliente pagante, quando:
a) La foto sia stata commissionata dal cliente.
b) La foto non sia stata direttamente commissionata, ma ritragga cose in possesso del cliente, e sia stata a questo venduta in seguito.
c) La foto non sia stata necessariamente commissionata appositamente, né ritragga cose del cliente ma, semplicemente, il fotografo abbia ceduto al cliente il negativo, percependo un compenso.
Una casistica estremamente vasta, che consiglia - evidentemente - di porre nero su bianco eventuali accordi differenti.
DI CHI È L'ORIGINALE, NEL CASO DELLA FOTOGRAFIA DI CERIMONIA E RITRATTO
Unica situazione in cui i diritti e la proprietà del negativo non passano al committente è quello in cui il soggetto dell'immagine... sia il cliente stesso.
Con una catena logica piuttosto complessa, infatti, la Legge giunge a sancire come, nel caso che "l'oggetto" ritratto sia il committente stesso, la proprietà del negativo resta al fotografo.
Infatti, all'articolo 98 della Legge si indica come la persona ritratta possa pubblicare o riprodurre la sua immagine senza bisogno di consenso del fotografo. Ora, il fatto che si indichi come non necessario il "permesso" alla pubblicazione implica necessariamente che il diritto di uso di quella fotografia non appartenga già, automaticamente, alla persona ritratta, che è comunque dispensata da chiedere l'autorizzazione. Se in questo caso valesse la regola generale dell'articolo 88 (diritti passati automaticamente al committente), non avrebbe senso specificare che il titolare dei diritti è dispensato dal chiedere l'autorizzazione a terzi. In realtà, evidentemente, la persona ritratta non è dunque considerata proprietaria di tali diritti e, dunque non è proprietaria del negativo.
Ad ogni buon conto, anche la Corte di Cassazione si è pronunciata in tal senso, con sentenza del 28/6/1980 n. 4094: la proprietà dei negativi di ritratto e di cerimonie come matrimonio e simili è del fotografo, e non del committente.
Cassazione civile, sez I, 28/06/1980 n. 4094, reperibile - fra gli altri - in Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 6. Foro it. 1980, I, 2121, Giust. civ. 1980, I, 2101, che recita: "Nell'ipotesi di ritratto fotografico eseguito su commissione, regolata dall'art. 98, I. 22 aprile 1941 n. 633 sul diritto d'autore, il committente, diversamente da quanto stabilito dall'art. 88 comma 3 di detta legge per le fotografie di cose in suo possesso, non acquista il diritto esclusivo di utilizzazione della fotografia, il quale rimane al fotografo, pur concorrendo con quello della persona fotografata o dei suoi aventi causa di pubblicare e riprodurre liberamente la fotografia medesima, salvo il pagamento al fotografo di un equo corrispettivo nel caso che la utilizzino commercialmente. Nell'ipotesi indicata, pertanto, ove manchi un diverso patto, deve ritenersi che il fotografo conserva la proprietà del negativo e non è tenuto a consegnarlo al committente."
A cura di Associazione Nazionale Fotografi Professionisti
TAU Visual
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