Niente a che vedere, naturalmente, con la poesia. Si tratta di ben altra cosa.
Da sempre è vivo il dilemma che riflette la liceità d'alcune immagini fotografiche in rapporto al comune senso del pudore. Il fatto è che non essendo questo soggetto a parametri definibili nel tempo e nello spazio (e non potrebbe essere diversamente) prima di comprendere se una fotografia di nudo possa o meno circolare liberamente bisogna attendere i responsi della magistratura. I sequestri operati sistematicamente fino agli anni '70 (e oltre) soprattutto di riviste ad alto contenuto fotografico non hanno ancor oggi potuto fornire precisi orientamenti per i fotografi e gli operatori della comunicazione visiva in generale.
Ovvero, qualche passo in avanti si è fatto, almeno per quanto riguarda il nudo parziale femminile, "dalla cintola in su" (anche in questo caso non ci riferiamo alla poesia del Sommo!).
Dopo arresti, processi e sequestri si è instaurato il principio secondo cui il "topless" anche se esibito in luogo pubblico (spiagge, piscine, in montagna) non dà scandalo. Pe cui dovremmo dedurne che anche la pubblicazione della sua "raffigurazione fotografica" sia lecita.
Molto opportunamente alcuni organizzatori di particolari mostre, sebbene chiaramente artistiche, a partire dagli anni Ottanta hanno deciso di autocensurarsi vietando l'ingresso ai minori degli anni diciotto.
E bene hanno indubbiamente fatto, visto che ancor oggi il nudo maschile - dalla cintola in giù, per intenderci - è da ritenersi assolutamente vietato.
Lo conferma la sentenza n. 3557 della III sezione penale della Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi in merito alla presenza di un nudista su una pubblica spiaggia. Ora, mentre il Tribunale aveva sentenziato che "la persona nuda, in stato di quiete, (
sic!) non costituisce, in base ai moderni costumi di vita, atto contrario alla pubblica decenza" la Corte suprema ha ribadito (con sentenza quindi definitiva) che "l'esibizione su una spiaggia non appartata degli organi genitali, benché in stato di quiete, diversamente dal seno nudo femminile, che, ormai da vari lustri è comportamento comunemente accettato ed entrato nel costume sociale, costituisce sicuramente un atto lesivo dell'attuale comune sentimento di riserbo e costumatezza". L'avverbio "sicuramente" sta quindi ad indicare in modo inequivocabile i limiti entro i quali debba essere circoscritta anche la circolazione delle immagini, mentre la metafora dello "stato di quiete" sta a significare che anche immagini di tale natura non sono ancora ammesse alla libera divulgazione. Figuriamoci se, dopo lo "stato di quiete" dovesse sopraggiungere la "tempesta".
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SEI VOLANTI PER UNA FOTO
Il conduttore radiofonico Fabrizio Frizzi ha preteso da un fotografo la consegna di un rullino impressionato contenente alcuni fotogrammi che lo ritraevano insieme ad una sua amica ed alla madre di questa. Il tutto è avvenuto a Roma, alla presenza - come riferisce la cronaca - di ben sei volanti delle forze dell'ordine arrivate velocemente sul posto. L'eccezione mossa dal presentatore era fondata sul fatto che le immagini non riguardavano soltanto la sua persona - nota - ma anche altre, non note. Il tutto quadrerebbe se si fosse eccepita l'utilizzazione di queste ultime immagini e soprattutto se le accompagnatrici fossero state estrapolate dal fotogramma. Infatti nessuno può vietare a chicchessia di riprendere immagini in luogo pubblico se non esistono divieti di altra natura (come, ad esempio, nel caso delle zone militari). Il fatto è avvenuto nel pieno centro di Roma, il quartiere Prati, e il rullino peraltro non era stato ancora sviluppato. Ribadiamo ancora una volta che l'illecito, in questo campo, non è configurabile nella ripresa ma, eventualmente, nella divulgazione non consentita dell'altrui immagine. Il solo caso previsto dal nostro ordinamento relativo al divieto di riprese di persone anche note è contenuto nella legge sulla privacy (non quella della tutela dei dati personali), esattamente la n. 98 dell'8 aprile 1974 che contempla il caso di interferenze illecite nella vita privata. E trattandosi, in questo caso, di pubblica via non si può certamente parlare di interferenza illecita nella vita privata!
Gianfranco Arciero © 03/2000
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