I tragici avvenimenti della notte di venerdì 13 novembre, innescati da una banda di cialtroni infatuati, hanno pesantemente condizionato tutta la vita e tutte le manifestazioni programmate a Parigi.
In città con alcuni amici fotografi e per appuntamenti di lavoro con fotografi e galleristi, sono riuscito, venerdì pomeriggio, a visitare Paris Photo.
La notte, rientrati precipitosamente in albergo in seguito alle notizie che ci arrivavano dall'Italia, abbiamo seguito lo svolgersi degli avvenimenti e, dopo una difficile notte, ci siamo risvegliati in una città violentata e ferita nel suo quotidiano. Chiusi tutti i musei, i luoghi pubblici fortemente presidiati, lo stato d'urgenza decretato e Paris Photo che ha sbarrato le porte per i due giorni rimanenti.
Con un po' di coraggio, siamo andati al Carrousel du Louvre dove abbiamo, a sorpresa, trovato aperta Photo Fever, la tradizionale rassegna di gallerie fotografiche che si svolge in contemporanea (e un po' in antagonismo a Paris Photo): un rapido giro, con pochissimi visitatori, in un'atmosfera di sospensione.
E poi un sabato pomeriggio assolutamente surreale, abituati alla settimanale follia dei boulevards e delle rues parigine.
La domenica, la vita stentava a riprendere, ma forse la frizzante anima dei parigini cominciava di nuovo a muoversi.
Cosa si può portare a casa, di fotografia, in tutto questo?
La più brutta fotografia l'ho trovata a Photo Fever, "Pietà, série Bimbeloterie", 2014 di un autore, Olivier Rebufa, che gioca, nella sua estetica, con Barbie ed altri giocattoli, con risultati che vorrebbero essere ironici ma sono solo abborracciati e deludenti.
Una fotografa francese, Isabelle Levistre, è, invece, la migliore scoperta sempre a Photo Fever: la serie "Anamnèse" è fortemente poetica ed onirica, tra sogno e realtà, grazie alle delicatissime doppie esposizioni e ad una stampa argentica di eccelsa qualità.
Nel gran calderone di Paris Photo, alcuni autori da segnalare. Primo fra tutti Arne Svenson con "The Neightbors" (Julie Saul Gallery), una serie di immagini sui suoi dirimpettai, nelle loro case ma assolutamente anonimi, ad invadere una privacy per trarne elementi ironici e strani, il tutto nella rigida composizione delle finestre dei grattacieli a Manhattan.
E poi Simone Rosenbauer con "Like Ice in the Sunshine", 2014 (Laurence Miller Gallery), con il "pop" che fa ritorno alla grande, nella fotografia, per mezzo di gelati (anche italiani…) con sfondo coloratissimo.
E, questa volta, finalmente un po' di italiani; da un Fulvio Roiter d'annata (Ombrie, terre de Saint Francoise, 1953) vintage a ben 3'500 Euro subito venduto; a Mario Finazzi, Mario Giacomelli, Ferruccio Ferroni (tutti vintage) venduti dalla Keith De Lellis Gallery tra 6'000 e 10'000 Euro.
Ed ancora Luca Campigotto, Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Giovanni Gastel, Paolo Ventura, Nino Migliori (quest'ultimo con una stampa moderna de "Il tuffatore" 1951) a 5'000 Euro, per citarne alcuni.
Ma la miglior mostra di fotografia parigina è al "Jeu de Paume" ed è la retrospettiva dedicata a Philip Halsman (1906-1979), prodotta dal Musée de l'Elysée di Losanna con gli Archives Philippe Halsman di New York: fotografo famoso non solo per il suo rapporto iconico con Salvador Dalì (ripreso in ogni modo e con reciproco sfruttamento della popolarità) ma anche le foto di "jump" che imponeva a tutti i suoi soggetti, celebri o meno che fossero; da vedere, ancora, la serie sulla seduzione con interprete Marylin Monroe, con relativi commenti semi-pornografici a penna sulle foto.
Per ultima, una foto che non è una foto in mostra ma il manifesto di un film in programmazione a Parigi, tragicamente e inconsciamente anticipatorio di una realtà che sarebbe stata lì a venire, in una città tappezzata di foglietti volanti ribadenti "Je suis Paris".
Massimo Stefanutti © 01/2016
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