CHE DIFFERENZA C'È TRA UN FILTRO SKYLIGHT 1A ED UNO 1B?
Il modello 1B ha un effetto più accentuato.
PREZZO E QUALITA' DI ALCUNE MARCHE DI FILTRI POLARIZZATORI (SOLIGOR, HOYA, HALO, B+W): LA DIFFERENZA DI PREZZO SI TRADUCE ANCHE IN TERMINI QUALITATIVI O PER IL POLARIZZATORE NON È COSI' IMPORTANTE?
La differenza è importante su tutti i filtri. Non abbiamo esperienza con i Soligor e gli Halo, ma con gli Hoya ed i B+W si può stare tranquilli: è roba di qualità. Meglio spendere 60mila lire una tantum per un buon filtro che rischiare di rovinare tutte le proprie foto per sempre.
A COSA SERVE IL FILTRO GRIGIO ND4?
Assorbe l'intero spettro luminoso della luce, come tutti i filtri ND (Neutral Density). Essi servono, in linea di massima, quando c'è troppa luce per l'esposizione desiderata. Assorbendo luce in maniera uniforme, non alterano la resa dei colori in tonalità di grigio, ma si limitano a diminuire la quantità di luce che arriva sulla pellicola. Riguardo alla cifra dopo la sigla ND, essa indica di quanto viene ridotta la luce, o, il che è lo stesso, di quanto bisogna aumentare l'esposizione. Un filtro ND4 richiede un'esposizione quadrupla (aprire di due stop), un ND2 un'esposizione doppia (uno stop), un ND8 un'esposizione di otto volte superiore (tre stop). Per questo sono anche noti come ND2x, ND4x... Supponiamo di essere con una meravigliosa ragazza nel bagliore accecante della costiera amalfitana in agosto, a mezzogiorno. Prima che lo psichiatra ci faccia rinchiudere (perché a quell'ora al sole ci stanno solo gli asini e i turisti stupidi), vogliamo farle una fotografia. Abbiamo una 100 ISO, vogliamo fare un primo piano e quindi vogliamo sfocare lo sfondo, diciamo F/2,8. A quest'apertura l'esposimetro dice che la foto è sovraesposta anche a 1/4000, vorrebbe 1/8000. Non avendo tale tempo, e non volendo chiudere il diaframma, montiamo un filtro ND4. Così facendo, a parità di diaframma il tempo corretto è quello di prima più il fattore filtro, cioè 1/8000 meno due stop, ovvero 1/2000: in buona sostanza, possiamo scattare la foto.
FILTRI DI CONVERSIONE
LENTI ADDIZIONALI: COSA SIGNIFICANO LE SIGLE STAMPIGLIATE SULL'ANELLO? QUAL È L'EFFETTO DELLE LENTI DA +1, +2, +3 DIOTTRIE SU UNO ZOOM 70-210?
La potenza delle lenti addizionali si misura in diottrie. Una diottria è il reciproco della lunghezza focale espressa in centimetri. Questo significa che una lente da una diottria avrà una lunghezza focale di 100 cm, una lente da due diottrie una lunghezza focale di 50 cm, e una lente da tre diottrie una lunghezza focale di 33,3 cm. Ma che c'importa di sapere la lunghezza focale di una lente addizionale? Ci importa perché la lente, montata su un qualunque obiettivo focalizzato all'infinito, sposta il piano di messa a fuoco dall'infinito a una distanza pari alla lunghezza focale della lente. Questo vuol dire che una lente addizionale +3, montata su un qualunque obiettivo, permette a questo obiettivo di mettere a fuoco un soggetto posto a 33,3 cm da esso, indipendentemente dalla distanza minima di messa a fuoco propria dell'obiettivo. Ovviamente girando la ghiera della messa a fuoco verso la minima distanza, la distanza effettiva si ridurrà ulteriormente. Per quanto riguarda la lunghezza focale dell'obiettivo, è intuitivo che quanto maggiore è la lunghezza focale tanto più forte sarà l'ingrandimento ottenuto: un 300mm capace di guardare a 33,3 cm ingrandisce molto di più che un 50mm focalizzato alla stessa distanza. Sembrerebbe quindi conveniente montare le lenti addizionali su teleobiettivi molto potenti. In realtà non è così, dato che col crescere dell'ingrandimento decade anche la qualità d'immagine: non dimentichiamo che in una lente singola le aberrazioni ottiche hanno un loro peso. Anche l'uso delle lenti addizionali con lo zoom sarebbe da sconsigliare, almeno in teoria, dato che potrebbe indurre un calo qualitativo notevole. Per aumentare la qualità d'immagine (o meglio, per evitare che decada troppo), bisogna ricordarsi di usare sempre diaframmi piuttosto chiusi, insieme a un economico ma sempre indispensabile paraluce di gomma.
COME FUNZIONA ED A COSA PUO' SERVIRE IL FILTRO POLARIZZATORE?
Il principio della polarizzazione è molto semplice. Immaginiamo di lanciare una manciata di matite contro una grata dalle sbarre piuttosto ravvicinate. Alcune passeranno, altre no. Le matite sono la luce, la grata è il polarizzatore, che lascia passare solo le matite orientate parallelamente alle sbarre. Supponiamo che le matite, invece di raggiungere la grata orientate a casaccio, siano tutte parallele tra loro, cioè abbiano subito un orientamento, cioè una polarizzazione. Se sono parallele anche alle sbarre della grata la maggior parte passerà. Girando la grata in modo che matite e sbarre siano perpendicolari tra loro non ne passerà nessuna.
In pratica un polarizzatore è un filtro montato su due ghiere, una fissa che va avvitata sull'obiettivo e l'altra che invece va ruotata fino ad ottenere l'effetto desiderato. Il polarizzatore fa tre cose:
1) lascia passare la luce orientata a casaccio, cioè non polarizzata da superfici riflettenti come vetri, acqua, pulviscolo atmosferico e goccioline d'acqua sospese nell'atmosfera;
2) lascia passare la luce polarizzata dalle dette superfici se la polarizzazione è "parallela" al filtro stesso;
3) blocca la luce polarizzata se la polarizzazione è perpendicolare.
Ruotando il filtro si può creare la terza condizione, con conseguente eliminazione dei riflessi e saturazione dei colori.
In realtà non sempre il polarizzatore riesce ad esplicare le sue capacità, perché man mano che il sole (e quindi la fonte di luce principale) si trova ad un'altezza molto diversa da 45° l'efficacia del polarizzatore diminuisce. Un polarizzatore in genere assorbe un paio di stop di luminosità, ma i moderni esposimetri TTL compensano automaticamente questo valore. Bisogna invece prestare un po' di attenzione al tipo di polarizzatore che si acquista: ne esistono infatti di due tipi, lineari e circolari. Per le reflex autofocus è necessario avere un polarizzatore circolare (che in genere è più caro e leggermente meno efficace), per le altre va benissimo quello lineare. Da tenere infine presente che la saturazione dei colori prodotta dal polarizzatore è praticamente inavvertibile se le fotografie sono state scattate su pellicola negativa. Il polarizzatore si sposa invece benissimo con l'uso di pellicola diapositiva.
Segnaliamo anche un brano presente su Nadir:
"II polarizzatore è uno dei filtri più comuni nel corredo del fotoamatore, di solito il primo che si acquista dopo il classico skylight che spesso si riesce ad "estorcere" al negoziante al momento dell'acquisto della fotocamera. Utile per eliminare i riflessi dalle superfici (quante volte però il riflesso dispettoso non è a 45° ed il povero polarizzatore diventa un inutile vetro grigio?), usatissimo per saturare il cielo soprattutto con un grandangolare e pellicola invertibile di bassa sensibilità, è anche un comodo filtro neutro che può salvare una pellicola da 400 o da 1000 ISO capitata al mare in pieno ferragosto. Questi sono gli usi più comuni di un filtro polarizzatore, ma avendone due? Ricordiamo che una superficie riflettente "genera" della luce polarizzata, ma questa non è la sola luce che essa riflette, e pertanto può essere fotografata. Al contrario un filtro polarizzatore è molto selettivo, e trasmette solo luce rigorosamente polarizzata. Se ne mettiamo uno davanti ad una fonte luminosa, avvitiamo il secondo su un obiettivo della nostra reflex, e ruotiamo uno dei due in modo che le rispettive direziono di polarizzazione siano perpendicolari tra di loro non si ha più alcun passaggio di luce. Morale: nero assoluto! Il bello non è certo quello di fotografare il nero che si è ottenuto ma i piccoli oggetti trasparenti che inseriremo tra i due filtri. Ecco allora che avviene la magia: gli oggetti si colorano di mille sfumature, i cristalli brillano sul nero, la plastica ed il plexiglass diventano dei fantastici arcobaleni la cui intensità può essere variata ruotando opportunamente i filtri o spostando le luci. Si apre un mondo fino a poco prima nascosto e gli oggetti assumono un diverso aspetto, più affascinante ed irreale. Perché? Perché gli oggetti stessi hanno un effetto polarizzante, e fanno "girare" parte di quella luce che, uscendo dal primo filtro, li attraversa, e che verrebbe altrimenti bloccata dal secondo. Logicamente non tutti gli oggetti vanno bene, la prima condizione è che siano trasparenti, la seconda che al loro interno siano presenti delle tensioni che poi si manifesteranno sotto forma di sfumature di colori. La ricerca dei soggetti (o meglio, degli oggetti) da fotografare può cominciare in casa inserendo nel fascio di luce polarizzata pezzi di plastica (come, per esempio, l'astuccio stesso dei filtri, del nastro adesivo, etc
), oppure del comune sale da cucina, zucchero e tutto ciò che ci capita a tiro, in ogni caso impegnandoci molto anche nella composizione geometrica oltre che in quella cromatica."
FLOU SENZA FILTRI?
Attenzione: i filtri flou fanno una cosa molto diversa dai veri obiettivi flou. I filtri tendono a sfuocare il soggetto e basta, gli obiettivi appositi introducono delle aberrazioni che "spandono" le alte luci conferendo alle immagini la caratteristica morbidezza. Alcune moderne reflex (di solito di fascia amatoriale) hanno la possibilità di ricorrere ad un trucco che rende flou qualsiasi obiettivo: fanno due esposizioni sullo stesso fotogramma, una principale a fuoco e una secondaria fuori fuoco che crea l'effetto flou. Questo "trucco" della doppia esposizione (lo fa la fotocamera, quindi non si tratta di obiettivi flou) non va assolutamente confuso con ciò che fanno gli appositi, veri, obiettivi flou. Il flou non è sinonimo di foto sfocata ma di foto in cui le alte luci sono diffuse a tal punto da invadere le basse luci ed il tutto, unito ad una aberrazione sferica voluta, crea la bellissima atmosfera che nessun filtro può dare, se non lo Zeiss Softar (che costa quanto un obiettivo). La differenza è notevole: una foto "finta flou" è molto grigia e piatta, una vera è morbida, diffusa, ma con una ricca gamma tonale, seppur minore di quella normale. Gli obiettivi flou, per essere tali, introducono con diversi sistemi delle aberrazioni nelle lenti (alcuni hanno come dei diaframmi bucherellati, altri hanno una lente che si sposta a seconda del grado di morbidezza desiderato) e permettono di gestire al massimo l'effetto. Calze nere, cellophane, alitate ed altri sistemi sugli obiettivi servono solo a "velare" le foto e ad ottenere uno "pseudoflou". I filtri flou rappresentano un notevole passo avanti rispetto a queste tecniche piuttosto primitive (molto buona e completa è anche la serie della B+W) ma i migliori risultati si ottengono SOLO con i veri obiettivi flou.