TUTTO SCORRE
Il movimento fluido. Fotografare la natura coi tempi lenti

Una delle caratteristiche per cui la fotografia è nota è la sua capacità di congelare l’istante, di bloccare l’azione repentina e fuggente, rivelando attimi così veloci da essere altrimenti inafferrabili per l’occhio umano...

Nadir Magazine ©

Torrente in una faggeta autunnale; il tempo di scatto è intorno al secondo.

Nadir Magazine ©

La cascata Cola de Caballo, Ordesa (Spagna), con tempo superiore al secondo.

...Al tempo stesso, però, è possibile usarla per fissare in un unico fotogramma momenti successivi, che sommati tra loro diano l'idea del succedersi degli eventi: la fotografia del movimento, in cui si stratificano diversi istanti uno sull'altro e si riesce a dare visibilità ad un divenire non visibile. Col mosso si creano sfumature e strutture che la visione diretta non è in grado di percepire, e quindi ci svela un mondo parallelo e nascosto, un'altra dimensione sempre presente davanti ai nostri occhi senza che si possa apprezzarla.
Nella fotografia del "mosso" trova la sua massima rappresentazione la fluidità dell'acqua che scorre; si cerca di fissare la tumultuosità di un movimento, e la morbida ondulazione che si ottiene, appare come levigata dai successivi passaggi d'acqua. È il movimento della corrente, materia concreta e indefinita insieme, in continuo viaggio, mai uguale a se stessa. Panta rei, tutto scorre, si diceva nell'antica Grecia con un adagio attribuito ad Eraclito: non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua.

L'acqua in movimento è un soggetto relativamente accessibile, e di non difficile approccio; quantomeno, pur essendo sfuggente per definizione, ha almeno la bella qualità di non fuggire a gambe levate davanti al fotografo. Questo ci permette di prendere tutto il tempo necessario a studiare le inquadrature, spostandoci ed esplorando, provando e riprovando fino a trovare la situazione che riteniamo migliore. La difficoltà maggiore è forse riuscire a prefigurare come reagiranno forme e colori una volta che l'azione del lungo tempo di scatto (in genere sopra al secondo) avrà cambiato l'apparenza di ciò che si inquadra.

Il riflesso chiaro della luce sull'onda, e gli stessi spruzzi, agiscono come un pennello impazzito e diluiscono e diffondono i toni tutto intorno. Le zone in ombra e le loro trasparenze, allo stesso modo, si dilatano e si contraggono con la corrente, a volte oscurando zone più ampie di quanto non ci si aspetti. La variabile fondamentale in questo genere di foto è comprensibilmente il tempo di otturazione. Per un effetto di mosso in cui venga reso il dinamismo dell'acqua ma al tempo stesso mantenute la leggibilità e l'individualità dei singoli spruzzi, il tempo di scatto dovrebbe essere nell'ordine di 1/15 di secondo. Quando l'esposizione supera il secondo, l'acqua tende ad assumere un aspetto filante, povero di informazioni ma ricco di fascino, soprattutto se si orienta l'inquadratura in modo che siano sottolineati i riflessi di luce. Sopra ai 4 secondi il flusso della corrente diventa un velo incorporeo disteso tra due rive; un effetto da dosare con giudizio, perché la luminosità dell'acqua tende a spegnersi e il soggetto stesso perde evidenza.

In tutto questo molto dipende ovviamente dalla velocità della corrente, e dalle caratteristiche dell'acqua: dinamicità, quantità degli spruzzi, trasparenza e via dicendo. Il risultato finale è spesso difficilmente prevedibile, cosa che è parte del fascino di queste immagini, almeno dal punto di vista di chi le scatta. La luce ideale è quella diffusa di una giornata di cielo coperto e luminoso; questo permette di evitare gli inevitabili chiaroscuri della luce solare. Se vogliamo fotografare i riflessi invece è proprio del sole che abbiamo bisogno: cercheremo una situazione e un orario in cui l'acqua sia in ombra e il versante opposto sia illuminato in pieno affinché accenda i colori che tingeranno il rilievo dei salti d'acqua.
Per quanto riguarda l'attrezzatura, l'accessorio fondamentale è una voce che dovrebbe essere un classico del corredo di ogni fotografo naturalista: un paio di stivali alti per muoversi agevolmente nei corsi d'acqua. A volte capita che gli stivali non bastino, e che sia difficile avvicinarsi al punto voluto; se non vogliamo avventurarci in acrobazie dalle conseguenze imprevedibili, su terreni in cui l'appoggio è quasi sempre precario, risultano comode le ottiche zoom. L'uso di un'ottica a focale variabile è utile per cercare l'inquadratura voluta dove gli spostamenti sono difficili.

Non ho citato per primo il treppiede solo perché voglio dare per scontato che ogni fotografo che si consideri tale ne porti uno al seguito come scelta di base; è appena ovvio che si tratta di uno strumento imprescindibile quando i tempi di scatto sono così lunghi. Così lunghi da rendere necessario, per ottenerli, l'uso di basse sensibilità Iso, se la luminosità è intensa (stavo per dire "pellicole", ma ormai non è più scontato). Se anche questo non bastasse, ci verranno in aiuto i filtri grigi neutri nelle varie gradazioni, che permettono di abbassare l'esposizione anche di diversi valori. In loro assenza anche un più tradizionale filtro polarizzatore (che dovrebbe trovarsi nello zaino di ogni fotografo) ha l'effetto di ridurre la luce di almeno 1,5 stop. Attenzione in questo caso a come lo orientiamo: non dobbiamo usarlo per lo scopo per cui è nato, che è quello di eliminare i riflessi, perché perderemo la percezione della superficie dell'acqua.

Vitantonio Dell'Orto © 03/2006
Pubblicato in "L'angolo della Tecnica" di Oasis 159, gen/feb 05