L'immagine fotografica tradizionale e quella digitale, tecnicamente così diverse al momento della ripresa, si incontrano nella fase di stampa, se dia e negativi vengono ingranditi su carta per mezzo di scanner e stampanti ink-jet. Con "Stampa digitale" ci proponiamo di offrire ai fotografi tradizionali una breve introduzione a questo process.
LE DIMENSIONI DELL'IMMAGINE
Nell'avvicinarsi alla stampa digitale il neofita trova spesso fonte di confusione nelle diverse definizioni di dimensione. Mentre le dimensioni dell'immagine originale e della stampa finale sono espresse in millimetri o centimetri, il passaggio dall'una all'altra si effettua attraverso una serie di trasformazioni i cui stadi intermedi si avvalgono di altri sistemi di misura. Cerchiamo quindi di capirne le relazioni.
Lo scanner suddivide l'immagine originale in punti, dei quali registra il colore
Possiamo quindi visualizzare l'immagine originale come una matrice di punti colorati. Le dimensioni della matrice vengono espresse in punti, e dipendono dalla dimensione dell'immagine originale e dalla risoluzione della scansione. Per es., un fotogramma di 35mm (24x36mm, ovvero 0.945x1.417 pollici) scandito a 2700dpi genera una matrice di 2561x3826 punti. Una matrice di dimensioni identiche si può ottenere con una scansione a 300dpi di un'immagine di 21,7x32,5cm.
Il computer non memorizza colori, ma pacchetti di informazione (bytes) che consentono di riprodurre l'immagine su un monitor o mediante una stampante.
Le dimensioni della scansione quale essa appare nella memoria sono espresse in KB o MB.
Le immagini formate su un monitor o una stampante possono avere lo stesso numero o un diverso numero di punti di quelli della matrice originale. Assumiamo che il numero sia uguale. In termini di punti l'immagine originale, quella sul monitor e quella stampata avranno le stesse dimensioni. In centimetri questo non è più vero, per esempio sul monitor di un PC possono entrare solo 96 punti per pollice, su quello di un Mac 72. Su un PC una matrice di 2561x3826 punti avrebbe le dimensioni di 68x101 cm, su un Mac sarebbe proporzionatamente più grande.
IL COLORE
Esistono diversi modi per rappresentare un colore. Quelli utili ai nostri fini sono:
Nel modo RGB la precisione con la quale un colore può essere rappresentato dipende dall'ampiezza dell'intervallo numerico usato per rappresentare i suoi componenti. Normalmente viene utilizzato un byte (8 bit) per componente (o, come si dice, per canale), con il quale si può rappresentare un valore numerico massimo di 256: ogni componente può assumere quindi 256 gradazioni diverse, dando luogo a 256x256x256 = 16.7 milioni di combinazioni, o colori diversi.
Nel modo "scala di grigi", a ciascun livello di luminosità viene assegnato un valore compreso tra 0 (nero) e 255 (bianco).
QUANDO 16,7 MILIONI DI COLORI NON BASTANO
La rappresentazione RGB a 3 byte (24 bit o 8 bit per canale), che consente di ottenere 16,7 milioni di colori, è sufficiente per la maggior parte delle applicazioni grafiche, ma non per la scansione di immagini fotografiche.
Infatti se l'immagine è in BN di quei 16,7 milioni di colori possiamo utilizzarne solo 256, ovvero solo quelli le cui tre componenti RGB hanno uguali valori. La stessa carenza si osserva per le immagini a colori, perché 256 valori sono insufficienti per rappresentare tutte le gradazioni di luminosità di uno stesso colore. Per questa ragione molti scanner lavorano con più di 8 bit per canale; per un prezzo non esorbitante se ne trovano che lavorano a 10 0 12 bit, il che permette di distinguere rispettivamente 1024 e 4096 livelli di luminosità. Bisogna però aggiungere che sono pochi e costosi i software in grado di lavorare su immagini con più di 8 bit per canale, per cui molti di questi scanner mandano al computer una immagine di soli 8 bit, ed il modo con cui i bit della scansione vengono ridotti ad 8 influenza notevolmente la qualità dell'immagine.
QUANTE INFORMAZIONI CI SONO NEL FOTOGRAMMA
Una buona pellicola può arrivare a risolvere circa 60 linee per millimetro su soggetti di contrasto normale (1:6), una buona ottica usata in condizioni ottimali è in grado di utilizzare pressoche' completamente la risoluzione della pellicola. Ai nostri fini assumiamo che la massima risoluzione praticamente ottenibile nelle nostre fotografie sia di 50 linee per millimetro.
Con una scansione a 2700 dpi otteniamo una matrice di circa 2600x3900 punti (arrotondiamo per comodità). Per distinguere una linea occorre una separazione dalla linea contigua, quindi la risoluzione in linee per millimetro della scansione non può essere superiore a (2600/24)/2=54. I conti tornano, le scansioni effettuabili con uno scanner da tavolo hanno una risoluzione prossima alla massima praticamente ottenibile sulla pellicola. Solo che la risoluzione da sola non basta, serve anche una ampia gamma tonale che, se può essere ampliata utilizzando un maggior numero di bit per canale, è inesorabilmente limitata dal rumore di fondo del dispositivo, come si nota anche visivamente esaminando le aree scure delle scansioni da diapositive (o quelle chiare nel caso di negativi).
In tali aree l'intensità del segnale captato dal sensore è molto bassa e quasi indistinguibile dal rumore di fondo del dispositivo: la scansione ha una perdita di informazione indipendente dalla risoluzione.
Ovviamente con scanner professionali si ottengono risultati migliori sia come risoluzione che come gamma tonale, ma sono risultati dai costi molto elevati.
LA RISOLUZIONE DELLA STAMPA
Le stampanti ink-jet vantano risoluzioni elevatissime, anche 1440x720, ma purtroppo sono numeri che hanno poco senso. Essi ci dicono solo quante gocce di inchiostro le stampanti sono capaci di depositare distintamente su ogni pollice di carta. Nella stampa di una immagine fotografica un punto dell'immagine digitale non corrisponde ad una sola goccia di inchiostro, ma richiede che più gocce di colori diversi siano messe sulla carta molto vicine fra loro. L'algoritmo utilizzato a questo scopo non è lo stesso per tutti i produttori di stampanti, e conduce a risultati diversi. Per avere qualche indizio sulla risoluzione effettiva delle stampanti ink-jet è utile prendere come riferimento una tecnologia diversa.
La stampa lambda è del tipo a tono continuo, cioè ogni punto dell'immagine digitale vien riprodotto con un punto sulla stampa. Questo permette di conoscerne con certezza la risoluzione massima, che è di 400 dpi. Esaminando una stampa lambda essa appare senza dubbio migliore di una stampa ink-jet, e quindi sembra plausibile ammettere che la risoluzione effettiva di quest'ultima non sia di molto superiore a 200 dpi. Questo spiegherebbe anche l'apparente stranezza di stampe ink-jet la cui qualità non migliora al crescere oltre un certo limite della risoluzione di stampa impostata.
Se accettiamo l'ipotesi che la stampa da ink-jet abbia una risoluzione effettiva non superiore a 300 dpi possiamo calcolare la dimensione massima delle stampe che possiamo ottenere sfruttando appieno la quantità di punti che abbiamo a disposizione nell'immagine digitale. Il calcolo è semplice, (2600/300)*2.54, ovvero circa 22x33 centimetri.
È importante osservare che nella stampa digitale la dimensione massima ottenibile sfruttando tutti i punti della matrice è anche la dimensione ottimale. Per stampare su dimensioni inferiori, poiché la dimensione delle gocce di inchiostro non puo' essere ridotta, debbono essere omesse delle informazioni cioè più punti della matrice debbono essere rappresentati da un solo gruppo di gocce d'inchiostro. Al contrario, per stampare su dimensioni maggiori le informazioni disponibili non sono sufficienti, e i vuoti di informazione debbono essere riempiti interpolando tra i valori dei punti adiacenti. Entrambi i casi risultano in una perdita di informazione. La qualità del software di pilotaggio ha qui un ruolo importante e ciò spiega le diverse prestazioni di stampanti apparentemente simili per i dati tecnici dell'hardware.
Paolo Cacciatori e Romano Sansone © 11/2000
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