GRADITE UN CONTORNO?
Fotografare in silhouette
Vitantonio Dell'Orto, giugno 2007

"Profilo curvilineo; ritratto in nero su fondo chiaro che riproduce i contorni esterni di un soggetto".

Questo è ciò che recita il vocabolario alla voce "silhouette", francesismo ormai entrato a pieno titolo nella nostra lingua: una sagoma, un perimetro, un contorno quindi, ed io da buon vegetariano (e con il cognome che mi ritrovo) non potevo certo fare a meno di occuparmene… Scherzi a parte, il fascino della silhouette é notevole, per chi come me ama in fotografia le forme semplificate e la linearità, nonché un certo genere di pensiero laterale legato a considerazioni antropologiche.

La silhouette, infatti, privando un soggetto dei particolari interni al suo perimetro, restituisce un profilo che è la vera essenza di un animale o di una pianta; il contorno è la "forma", il contenuto la "sostanza" che viene a mancare, e che per questo diventa indefinita e infinita. Il contenitore trattiene in sé le potenzialità del contenuto, senza svelarle, e la sua specifica individualità è negata, ma al tempo stesso si dilata a metafora di tutto il suo genere: l'albero diviene l'essenza di tutti gli alberi, l'uccello di tutti i possibili uccelli.

Visivamente la tecnica del "vedo, non vedo", del non esplicito, aggiunge un innegabile pizzico di fascino intrigante, nell'erotismo come nella fotografia, disciplina che, a voler ben guardare, presenta certamente una connotazione voyeuristica; l'assenza di dettaglio lascia spazio alla fantasia dell'osservatore, il vuoto di informazioni viene colmato dalla mente di chi guarda, che in tal modo partecipa e diventa soggetto attivo, e non semplice destinatario passivo di un messaggio visuale. Il legame che si crea tra colui che osserva e ciò che viene osservato è così più forte, intimo e coinvolgente. Osservate come il parallelismo con la seduzione continui ad essere pertinente (e se a qualcuno è venuto in mente lo strip in controluce di "9 settimane e mezzo", capirà meglio cosa intendo).

Questa forma estrema di stilizzazione centra l'attenzione sull'essenza del soggetto, si è detto. Le foto tendono ad essere monocromatiche, e non posso fare a meno di pensare, invero con un po' di nostalgia, al punto iniziale della mia vita fotografica (e di gran parte dei fotografi della mia generazione): il bianco e nero, genere dove solo il grafismo del soggetto, la modulazione dei toni e la composizione vanno a comporre lo spessore e l'interesse di un'immagine depurata dal colore. Parte della suggestione di una silhouette, infine, non può non dipendere dal momento in cui queste fotografie sono generalmente realizzate: al tramonto o all'alba, quando il sole è basso e le tinte struggenti; oppure attraverso la foschia o la bruma. Condizioni di luce che aggiungono un intrinseco appeal all'immagine, e all'esperienza che il fotografo vive prima e durante lo scatto (un'esperienza di tipo romantico, e torniamo al parallelo col mondo dell'eros). Da questo punto di vista la silhouette tiene assieme il meglio dei due mondi: il mondo della foto a colori, con la presenza di toni puri, caldi o sfumati, che ci rimandano a specifiche suggestioni, e il mondo del grafismo, dell'essenza pura e distillata del soggetto tipica del bianco e nero.

Tecnicamente è un genere di fotografia che non presenta particolari complicazioni; dal punto di vista compositivo l'essenzialità e il ridotto numero di elementi richiede cura assoluta nell'inquadratura (vedi l'articolo "Meno è meglio"), in questo caso resa ancor più necessaria dal soggetto privo di informazioni e di dettaglio: la semplificazione è massima, come il rischio di composizioni scialbe. Le raccomandazioni di base sono quelle classiche: non dividere mai in due parti uguali il fotogramma con la linea dell'orizzonte, non posizionare mai il soggetto esattamente al centro, ma su uno dei "terzi" dell'inquadratura. Occorre aver cura di ripulire lo sfondo dalla presenza di elementi di disturbo, per stagliare la sagoma contro il cielo.

È quindi richiesto un punto di ripresa allo stesso livello del soggetto, quando non più basso, come nel caso di uccelli su alberi o altre strutture. L'esposizione deve garantire in primis il nero saturo della sagoma, e possibilmente anche la resa naturale del colore di sfondo, quale che esso sia. Si ottiene in genere valutandola sulle luci, nel nostro caso il cielo; se esso non è particolarmente luminoso, meglio sottoesporre di uno stop per avere la garanzia di un profilo davvero scuro.

Quando il soggetto occupa una parte importante del fotogramma in termini di superficie, l'esposimetro potrebbe viceversa tentare di aumentare l'esposizione per compensare la scarsa luminosità della scena: in questo caso meglio sottoesporre di due stop, per evitare tinte di sfondo slavate e la comparsa di dettagli nel soggetto.

Più forte sarà la sottoesposizione, più saturo sarà il colore di sfondo. Evitate di esagerare, però, per non incorrere in toni cupi e innaturali: ricordo che il tono naturale di un cielo al tramonto è dato dalla sua misurazione esposimetrica diretta (in modalità spot, escludendo il sole) sovraesposta di uno stop. Inutile sottolineare che tanto maggiore sarà la luminosità del cielo tanto più facile sarà ottenere un risultato bilanciato in modo ottimale.

Vitantonio Dell'Orto © 05/2007
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Pubblicato in "L'angolo della Tecnica" di giugno/luglio 2006, Oasis n.166