Architetti e progettisti si prodigano affinché l'ambiente di lavoro sia bene illuminato e confortevole per chi ci lavora ed eventuali ospiti e clienti. Dove c'è luce per lavorare, c'è sempre luce per fotografare e non servono luci supplementari né è giusto stravolgere l'illuminazione originale se non indispensabile.
L’atto del fotografare implica che il fotografo sia in grado di gestire la luce in maniera ottimale a seconda delle situazioni e delle esigenze di ripresa. Questo significa saper sfruttare la luce ambiente, ma anche alterarla o migliorarla grazie all’uso di pannelli riflettenti e flash con buona pace di chi trasforma le sue preferenze per l’una o l’altra soluzione in una guerra di religione.
Gestire la luce ambiente non è da tutti e molti fotografi professionisti asseriscono di ottenere migliori risultati utilizzando il flash che "sanno ben gestire". La cosa sarebbe perfetta se lo sapessero gestire davvero a livello artistico oltre che tecnico (tra l’altro, oggi, la tecnologia ci aiuta tantissimo a non sbagliare neanche un'esposizione), ma come non restare basiti davanti a foto decisamente mediocri (in senso estetico) scattate con il flash, con luci provenienti dalle direzioni più improbabili, le ombre nette e scure per quando diffuse, riflesse e poi schiarite in postproduzione? Tutto questo vedendoli impegnati in una tristissima campagna contro lo scatto a mano libera che, a quanto pare, quei fotografi non hanno mai imparato a sfruttare e dominare.
L'elasticità e la libertà di inquadratura scattando senza treppiedi né flash, se possibile, sono impagabili, ma non sono alla portata di tutti. È più facile restare in atmosfera controllata, ottenere foto nitide e bene illuminate con il flash, ma brutte. “Cosa potevo fare mai in quella situazione?”. Tutto, a partire dallo spostare di poco i soggetti in un’altra posizione o muoversi rispetto alla fonte luminosa. Come diceva un bravo professionista di fotografia industriale, "Dove c'è luce per lavorare, c'è luce per fotografare". Si tratta solo di trovare l’angolazione giusta. Gli operai, lo chef di un ristorante o anche un hair stylist, devono vederci per lavorare e vederci bene. Dove c’è luce per lavorare c’è luce per fotografare e quella luce va utilizzata.
Rino Giardiello © 12/2019
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"L’indiscussa perizia tecnica del fotografo, unita alla sua esperienza di architetto – cioè di attento e creativo sperimentatore di forme e volumi – genera immagini non soltanto formalmente e tecnicamente perfette, ma anche originalmente interpretative" - ha commentato Michele Vacchiano - "Ancora una volta la fotografia si rivela capace di restituire allo spettatore non già la mera documentazione di un oggetto reale, ma il punto di vista personale e liberamente interpretativo del fotografo, la sua capacità di tradurre i dati oggettivi filtrandoli attraverso la propria sensibilità, la propria visione del mondo, il proprio stile peculiare e irripetibile, trasformando i dati dell’esperienza in attimi fuori dal tempo, fatti di pura luce".
Servizio fotografico
Foto di Rino Giardiello con bianconero diretto da sensore Foveon in modalità Monochrome.
Fotocamere adoperate per questo servizio fotografico, Sigma dp0 Quattro e Sigma fp con diverse ottiche Sigma serie Art.
Rino Giardiello, fotografia di architettura e reportage industriali.