MA IL TOPOGON SI NUTRE DI FORMAGGIOGON?
Michele Vacchiano, novembre 2001

Michele Vacchiano non ha dimenticato la sua formazione linguistica e filologica. Ce ne offre un saggio in questo divertente (ma anche istruttivo) articolo.

In alto, schema Topogon, riferito al W-Nikkor 25 mm f/4 illustrato in basso e realizzato negli anni Cinquanta per le macchine a telemetro.

Il Carl Zeiss Jena 25 mm f/4 per le Contax a telemetro, prodotto a partire dagli anni Cinquanta, era progettato secondo lo schema Topogon.

Un Voigtländer Color-Skopar 105 mm f/3,5 montato su un vecchio otturatore Synchro-Compur. Un'apertura relativa massima davvero notevole per un'ottica di grande formato.

Oggi mi sento... Un Dagor! Lo schema del Goerz Dagor, che il simpatico draghetto tiene in mano, fu disegnato da Emil Von Hoegh nel 1892 e rimase in auge per molti anni. Ancora oggi si trovano, sul mercato dell'usato, obiettivi Dagor prodotti in America dopo la separazione della Dagor USA dalla casa madre europea, assorbita dalla Zeiss. Il nome Dagor - che non c'entra coi draghi - è in realtà l'acronimo di Doppel Anastigmat Goerz.

A ben pensarci sono proprio buffi. Intendo, i nomi degli obiettivi. Ma come si fa a chiamare un obiettivo Topogon? E Skopar? No, dico, ci vuol tutta, eh? C'è pure il Super-Skopar, nel caso uno volesse proprio esagerare.

I suffissi dei nomi dati agli schemi ottici rispondono a criteri non scritti né obbligatori, che comunque ricorrono con una certa costanza. La desinenza -gon, ad esempio, designa sempre i grandangolari: deriva dal greco gwnia, "angolo", da cui "goniometro", "esagono", ecc. Fin qui tutto bene, ma i risultati sono a volte esilaranti. Abbiamo già parlato del Topogon. Chi ha pensato a un simile nome era in realtà mosso da serissime intenzioni, e certo - essendo tedesco - non pensava alla parola italiana "topo" (che in tedesco è Maus). Il nome Topogon è composto da due parole greche: topoV ("luogo", "regione", "spazio", da cui "topografia") e il già citato suffisso -gon. Trattandosi di un obiettivo destinato alla ripresa aerea di vaste porzioni di terreno, direi che il nome è più che appropriato.

Spesso si fanno strane commistioni di lingue diverse. E' il caso dei Grandagon della Rodenstock, dove il solito suffisso greco -gon si attacca a una parola latina. Del resto, succede lo stesso in "automobile". Analogo è il caso di Flektogon (latino flectere) e Distagon (latino distare). Mentre non capisco bene la scelta di Flektogon (forse riferita ai raggi di luce che all'interno di un grandangolare vengono rifratti secondo un angolo fortemente "flesso"), la parola Distagon si riferisce con ogni probabilità alla caratteristica peculiare dello schema retrofocus, nel quale l'elemento posteriore "dista" dal piano focale più di quanto sarebbe richiesto dalla lunghezza focale nominale.

Altre volte la necessità di esser chiari impone di rinunciare alle reminiscenze filologiche: macché greco, macché latino! In casa Schneider si parla come si mangia: lo chiamiamo Super-Angulon e nessuno può dire di non aver capito. A me il nome Super-Angulon ha sempre suggerito la figura di un supereroe in calzamaglia, magari dai tratti somatici un po' spigolosi... O forse è uno che sconfigge i nemici con qualche strana arma appuntita...

Stesso significato, ma con il tocco e la toga del laureato in filologia classica, per l'Hypergon, dove il prefisso greco uper (si pronuncia con una forte aspirazione iniziale) condivide con il latino super origine e significato.

Anche il nome Aviogon denuncia chiaramente la sua destinazione d'uso, mentre il Metrogon e il Rektagon sono varianti del Topogon per le quali è stato scelto un diverso nome commerciale. Analogamente, il nome Hologon si rifà a un aggettivo greco che significa "intero", "tutto".

Se la maggior parte degli schemi grandangolari è facilmente riconoscibile grazie al suffisso -gon, la situazione per gli altri schemi è decisamente più confusa. Sia gli schemi simmetrici non grandangolari che gli schemi derivanti dal tripletto di Cooke (ma anche alcuni grandangolari, tanto per aumentare la confusione) sembrano condividere senza distinzioni il suffisso -ar. Che cosa significa questo suffisso? Assolutamente nulla: contrariamente a -gon, non affonda le sue radici in alcuna parola dotata di significato. E allora perché lo usano? La colpa (se così si può dire) è di Dallmeyer e Steinheil, che brevettarono il loro schema simmetrico con il nome Rapid Rectilinear. I motivi di questa scelta sono intuitivi: il primo termine, Rapid, designa la notevole apertura relativa massima che consentiva tempi di otturazione piuttosto rapidi; il secondo, Rectilinear, indica la correzione - decisamente buona per l'epoca - dell'aberrazione sferica e della curvatura di campo. Rectilinear è una parola di origine latina passata nel lessico della lingua inglese così come in quello delle lingue romanze, italiano compreso. Oddio, non è che tutti i giorni usiamo la parola "rettilineare" (in italiano si preferisce "rettilineo"), ma "lineare" lo usiamo abbastanza spesso. Orbene, gli schemi derivati dal Rapid Rectilinear (ma anche quelli semplicemente venuti dopo e che non c'entravano nulla con il disegno di Dallmeyer e Steinheil) hanno continuato a utilizzare l'ultima sillaba della parola Rectilinear come un normale suffisso.

L'Heliar della Voigtänder deriva dal tripletto di Cooke e ricorda il sole (con riferimento alla sua luminosità), esattamente come Sonnar. La differenza è che nel primo caso ci si rifà al greco, nella seconda alle lingue germaniche (tedesco Sonne, inglese sun). Tessar (un altro discendente del tripletto di Cooke) deriva invece dal numerale greco tessareV, "quattro", e si riferisce all'inserimento, nello schema originale, della quarta lente voluta da Paul Rudolph. Il nome un po' equivoco dello schema Skopar deriva invece dal greco skopew, "guardo", "osservo".

Il nome Planar si riferisce alla planeità di campo propria di questo schema simmetrico, mentre Symmar designa proprio la simmetria degli elementi anteriore e posteriore. Più intuitivi nomi quali Nokton e Noctilux, riferiti all'apertura relativa massima estremamente elevata, adatta alla fotografia di soggetti poco illuminati.

Esistono - lo confesso - nomi di obiettivi che davvero non mi so spiegare. Xenar e Xenotar, ad esempio, che diavolo significano? In greco xenoV significa "strano", "insolito", "straniero", "ospite", tutti significati invero poco compatibili con l'ottica fotografica. Che poi lo schema Xenar sia tanto strano e singolare non direi proprio, dato che si tratta del solito Tessar. Un altro mistero è l'Artar (Arton in casa Schneider). Ci possiamo forse riferire al greco artioV , "bene adattato", "che si incastra con precisione", "ben proporzionato", oppure al verbo artaw, "appendo", "sospendo", "mi riaggancio"? C'è anche artoV, "pane", ma mi sembra decisamente fuori luogo. Forse il progettista voleva riferirsi alla parola latina ars, "arte"? In casa Voigtländer abbiamo poi l'Apo-Lanthar. Il verbo greco lanqanw significa "nascondo": decisamente non c'entra.

Ma non finisce qui.
Dove hanno preso nome i Ronar della Rodenstock? E i Rotelar? Appurato il fatto che le rotelle non c'entrano, dobbiamo forse riferirci al tedesco Rote, "rosso"? Ma perché? E tanto per restare in casa Rodenstock (dove il mistero sembra regnare più fitto), che significa Sironar? In greco siroV è la buca per conservare i cereali, il nostro "silos", insomma. Direi che proprio non ci siamo. Se poi andiamo a cercare un'etimologia germanica, peggio che andar di notte: il verbo sirren significa "ronzare"! E che dire di Geronar? In greco, gerwn significa "vecchio" (da cui "geriatra", "gerontocrazia" ecc.), ma certo non vuole essere quella l'etimologia. Che in casa Rodenstock si rifacciano a nomi propri, magari quelli dei progettisti?

Vabbe', via, abbiamo un po' giocato. Comunque stasera guardate fuori dalla finestra: chissà che non riusciate a scorgere Super-Angulon che svolazza nei cieli della città, o che magari sfreccia nei viali della periferia con la sua Rotelar ultimo modello. Poi, tornato nel sotterraneo in cui si nasconde, scaccerà i Topogon con la sua Super-Skopar.

Michele Vacchiano © 11/2001
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