IL PROCESSO
Un racconto su Alexandr Rodcenko
Pierpaolo Ghisetti, novembre 2008

Alexandr Rodcenko, 1926

Due scatti di Rodcenko

Ritratto del poeta Majakovskij

Le strade erano quasi deserte, quel giorno di marzo del 1935 a Mosca. Il cielo grigio piombo avvolgeva la città in una luce incolore ed uniforme. Rari i passanti, infagottati in pesanti cappotti, ancor più rari i camion, quasi tutti militari, coi teloni che sbattevano nell’aria gelida che spazzava la città. Cumuli di neve erano accatastati negli angoli dagli spazzini in divisa, mentre una solitaria berlina ufficiale percorreva la Kalinina Prospect, dirigendosi verso uno di quei grandi palazzi che la gente normale preferiva evitare di guardare, quando per sbaglio ci passava davanti.

La berlina svoltò in Frunze Ulica per poi entrare in un cortile interno. Tre uomini scesero dalla macchina: due di loro indossavano giacche di pelle nera col bavero in pelliccia, la classica tenuta degli agenti del NKV, il servizio di sicurezza. Il terzo invece esibiva una certa eleganza formale, con un Borsalino in testa, panciotto e cravatta.

I due agenti trattavano il loro “ospite” con rude gentilezza: normalmente bastava la loro presenza per generare in ogni cittadino dell’URSS una serie d’angosciose domande sulla correttezza della propria condotta.
Salirono velocemente un ampio scalone. Uno dei due poliziotti bussò ad una porta anonima, senza targhe o indicazioni: all’invito ad entrare, fecero passare solo l’uomo elegante, richiusero la porta e rimasero fuori.

L’interno della stanza era arredato in modo essenziale. Al muro un ritratto di Stalin ricordava ai visitatori per conto di chi parlava il funzionario presente. Il Commissario Politico per le Attività Culturali, dai modi freddi e burocratici, portava degli occhiali rotondi con montatura d’acciaio; non sorrise vedendo il nuovo arrivato, né allungò la mano in segno di saluto.

- Finalmente siete arrivato Alexandr Michailovic! Vi ricordo che qui non siamo in un decadente ufficio borghese, dove si spreca il tempo!

- Scusatemi, compagno Commissario, ma stavo eseguendo un servizio fotografico per la rivista LEF. Mi sono precipitato appena ho ricevuto l’ordine. Spero di non aver mancato in qualcosa.

Mentre parlava, leggermente affannato, Rodcenko si tolse il cappello, mettendo a nudo la testa completamente calva. Il Commissario gli fece cenno di accomodarsi sulla sedia di fronte alla scrivania. La sedia, dura e rigida, sembrava fatta apposta per tenere sulle spine l’eventuale ospite, o almeno così sembrò a Rodckenko, che cercò di rimanere il più tranquillo possibile.

- Ma no, compagno Rodcenko, non ci siamo capiti, siete stato convocato per alcuni… diciamo suggerimenti alla vostra attività. Sapete, il Partito vi segue con interesse.

- Sono lusingato, compagno Commissario, ma spesso non riesco a capire bene cosa il Partito si aspetti da me. Io faccio un nuovo tipo di fotografia, ed è difficile far apprezzare una cosa nuova.

- Voi Alexandr Mihailovic siete indubbiamente una brava persona, ma perché continuate a dire in giro che siete un costruttivista, a cosa vi giova? Perché sempre quelle foto dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto? Che cosa significano? Dovete convincervi che si tratta d’immagini estranee al gusto del proletariato.

- Cerco di fare fotografia sperimentale, compagno, ma l’estetismo occupa una parte importante del mio lavoro. Sapete, occorre un’estetica nelle cose.

- Attento, compagno, non siete qui per dare lezioni! L’estetica è ormai superata dalla tecnologia e dal realismo socialista.

La voce del Commissario Politico risuonò bassa e minacciosa. Prese tempo, accendendosi una sigaretta, in modo che il significato delle sue parole penetrasse in profondità nella testa dell’interlocutore. Dopo un paio di boccate, nel silenzio più assoluto, riprese a parlare col tono del maestro che si rivolge all’allievo prediletto ma un poco discolo.

- Voi, ingenuamente, credete ancora nell’abilità artigianale, ma la fotografia, come il cinema, rappresenta la nuova oggettività. Il vostro cosiddetto “tocco personale” è un concetto anti storico e reazionario. La fotografia deve restituire immagini senza distorsioni e falsificazioni.

- Ma tutte le cose che facciamo riflettono la nostra personalità!

- Credete, compagno Rodcenko? Lo credete veramente? Ad esempio, perché in questa foto pubblicata sulla rivista LEF il giovane pioniere guarda in alto? Queste sono fantasticherie borghesi, ormai superate. Il giovane pioniere deve guardare in avanti, verso l’avvenire del socialismo, solo così potremo incitare tutti i giovani del Komsomol a proseguire sulla strada della rivoluzione!

- Non pensate che sarebbe un falso realismo, una sceneggiatura della realtà?

- Non è importante come avete ottenuto una foto, compagno Rodcenko, ma l’uso che ne può scaturire a vantaggio del Partito; questo dovete capire, se volete continuare a fotografare per libri e riviste come Dajok e Borba klassov (Avanti e Lotta di Classe). Qui non siamo più nella decadente società zarista, occorre lavorare tutti per un mondo nuovo.

- Ma è appunto quello che sto cercando di fare col mio lavoro, compagno Commissario, fotografare per un mondo nuovo, per vedere le cose in modo diverso, rivoluzionario. Credete sia facile fotografare con la mia vecchia Leica ad ottica fissa? Sapete che un paio d’anni fa in Occidente è apparso un modello Leica ad ottiche intercambiabili? Dovrebbe essere molto interessante fotografare con obiettivi da 35mm o da 90mm, ma costano moltissimo, e quindi mi devo accontentare del mio 50mm.

Pensate forse che il Partito sia ingeneroso con voi compagno Rodcenko, non fornendovi un’attrezzatura degna di un’opulenza borghese?

- Non dico questo, ma con una sola ottica talvolta mi passa la voglia di fotografare. Mi piacerebbe molto sperimentare le prospettive che si possono ottenere con un’ottica grandangolare. Ma così spesso sono assalito da una sorta di scoraggiamento, di tristezza.

- La tristezza è un lusso che un vero rivoluzionario non può permettersi. Voi piuttosto, coi vostri cartelloni pubblicitari per i magazzini Gum avete chiaramente dirottato l’arte proletaria verso un formalismo di marca occidentale. Usufruendo immeritatamente di spazi che il Partito vi ha concesso per ben altri scopi.

- Ma la gente deve conoscere cosa stiamo facendo in questo paese, compagno Commissario, e la comunicazione deve essere attraente, non credete?

Il Commissario Politico lo fissò in silenzio per qualche istante, tirando qualche boccata di fumo con un’aria di velata riprovazione. Lentamente si alzò e si accostò alla finestra, gettando un’occhiata indifferente al mondo esterno. Sotto un cielo di marmo il vento siberiano scompaginava l’aria fuliginosa della grande città, sollevando piccoli mulinelli di nevischio.
Le pause e i silenzi del Commissario non erano casuali: alimentavano dubbi e incertezze nell’interlocutore. Ora sembrava indeciso se scegliere la carota o il bastone. Scelse la carota.

- A proposito di nuove possibilità, vi comunico una notizia riservata, Alexandr Mihailovic. Fra breve tempo anche noi possederemo un’industria fotografica. A Karkov, in Ucraina, sta per nascere la nuova industria ottica sovietica, che produrrà macchine e obiettivi, addirittura migliori di quelli della Germania!

- L’ho sentito dire e lo spero, compagno Commissario. La fotografia diventerà il fiore all’occhiello dell’uomo di cultura nella società socialista!

- Bravo compagno, vedo che cominciate a capire, ma occorre spingersi ancora più in là: l’intellettuale che non serve fedelmente il Partito è un parassita della società e va tagliato…come un ramo secco! Mi capite?

- Credo di aver capito benissimo, compagno Commissario, dobbiamo creare un mondo nuovo nell’industria, nella tecnica, nella scienza, me ne rendo perfettamente conto, ma non vedo con chiarezza nel futuro.

- Ecco il vostro principale difetto, compagno Rodcenko: la mancanza di fiducia; certamente non nella vittoria finale del socialismo, ma nell’illuminata guida del Partito. Sulla rivista SSSR avete pubblicato una serie di articoli sulle grandi realizzazioni del nostro Paese, il canale del Volga, o quello del Mar Bianco: non avete visto coi vostri occhi la rivoluzione in atto?

- Sì certo, è vero, purtroppo la morte di Volodia mi ha toccato profondamente, e da allora mi sento più povero d’idee.

- Compagno, il suicidio di Majakovskij è stata una grande tragedia per tutto il Paese, e sappiamo che eravate molto amici, ma non si può edificare un mondo nuovo su sentimenti pietosamente borghesi. In fondo, ricordiamoci che Majakovkij non aveva seguito tra le masse. Occorre guardare avanti, ed eliminare gli errori ideologici del naturalismo e del formalismo.

- Quindi, se ho capito bene, mi chiedete di rimettere in discussione il mio lavoro creativo. Tutto questo è molto difficile e penoso per me, perché dovrò giustificare, per ogni mia foto, contenuto, tecnica e metodo. Come posso difendere la mia visione del mondo se poi la devo rinnegare?

- Qui non si parla d’estetica, frutto di servile imitazione dell’Occidente capitalista e decadente, ma di volontà politica. Occorre mettersi al servizio del’idea socialista e seguirla con cieca fiducia.

- Ma se poi il Partito cambia idea?

Appena posta la domanda, Rodcenko capì immediatamente d’avere compiuto un errore madornale, trascinato abilmente dalla dialettica del Commissario Politico, e di essere così con le spalle al muro. Avvertì distintamente, crudele e decisa, una fitta allo stomaco.
La voce del Commissario, dura e metallica, scandì le parole ad una ad una.

- Voi state pronunciando un’eresia, compagno Rodcenko. Il Partito non cambia mai idea, sceglie di volta in volta la linea politica più adatta, con lucido pragmatismo marxista. Dovete definitivamente orientarvi verso immagini di un sano materialismo.

- Volete dunque che riprenda la società, gli atleti nei saggi ginnici, il circo, come una realtà stereotipata, come pura forma? Io cercavo di fotografare nelle fabbriche la gioia e l’orgoglio che l’industrializzazione nel paese dei soviet suscitava nel nostro animo.

Il tono della voce di Rodcenko, basso e lamentoso, mostrava in modo incontrovertibile la sua resa: il Commissario assestò il colpo definitivo.

- Compagno Rodcenko: queste sono le precise indicazioni del Partito e io sono stato incaricato di comunicarvele. Nella costruzione del gigantesco edificio di un mondo proletario e socialista, non possono essere ammesse deviazioni sentimentali, specie nel riferire l’immagine della nostra società, che deve apparire compatta contro i nemici esterni.

Rodcenko chinò il capo, rassegnato e consapevole: il Partito non solo poteva decidere del suo lavoro, ma anche della sua vita. Non aveva più alternative.

- Ho capito perfettamente, compagno Commissario. Ho capito perfettamente tutto quello che c’era da capire - concluse, con una voce amorfa che sapeva di sconfitta.

Alexandr Rodckenko, dopo il suo periodo d’oro dedicato alla fotografia sperimentale negli anni Venti, fotograferà progressivamente sempre meno, sino ad abbandonare del tutto la macchina fotografica per rifugiarsi esclusivamente nella pittura astratta. Morirà nel 1956.

Pierpaolo Ghisetti © 11/2008
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