HIROSHIMA. LA FINE E L'INIZIO
Pierpaolo Ghisetti, dicembre 2015

Spesso si afferma che i cambiamenti sono lenti, specie quelli importanti, ma non sempre questo è vero.
Alle 8,15 del 6 agosto 1945 la bomba all'uranio, soprannominata Little Boy, sganciata dal bombardiere americano B-29 denominato Enola Gay, pilotato dal comandante Tibbets, esplose a circa 600 metri di altezza nel cielo di Hiroshima.
Immediatamente si sviluppò un calore di oltre 5000 gradi e un'onda d'urto che si spostava a 450 km l'ora: quasi tutto quello che era compreso in un cerchio di due chilometri dal centro dell'esplosione fu vaporizzato e morirono istantaneamente 70.000 persone. Altrettante ne morirono nei giorni seguenti, per bruciature e leucemia.
Il fungo atomico si eleverà progressivamente sino a diciotto chilometri di altezza.

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Circa mezz'ora dopo l'esplosione iniziò a cadere sulla città una pioggia nera ed appiccicosa (la famosa Black Rain, ricordata anche in un film di Ridley Scott), contenente il materiale organico dei poveri esseri scomparsi al momento della deflagrazione, ricca di detriti e materiale radioattivo.
Il 9 agosto la stessa sorte toccava a Nagasaki: i militari giapponesi tentarono un colpo di stato per continuare la guerra, ma il 15 agosto l'Imperatore Hirohito dichiarò alla radio, in un linguaggio arcaico ed involuto, che il Giappone si arrendeva.
Finiva così, con un dramma nel dramma, la Seconda Guerra Mondiale e incominciava l'Era Atomica. Iniziata esattamente alle 8,15 del 6 agosto 1945!
Percorro con emozione e rispetto il viale della Pace, un lungo rettilineo con diversi monumenti, opera del famoso architetto nipponico Kenzo Tange, curiosamente autore anche del quartiere Librino di Catania, la mia città natale.
Vi sono diverse stazioni: il Cenotafio, con i nomi dei defunti, la scultura dedicata alla piccola Sadako che, colpita da leucemia, costruiva incessantemente origami, prima di morire, la campana della pace, il sito degli operai coreani, la fontana, sino ad arrivare al famoso Dome (il Palazzo dell'Esposizione Commerciale), immortalato in tante immagini, unico edificio rimasto in piedi dopo l'esplosione, in quanto costruito in cemento armato.

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Osservo con un misto d'incredulità e stupore i numerosi turisti che si fanno un selfie davanti al tragico monumento, come se si trattasse di un fatto giocoso e non drammatico.
In fondo al viale, dalla parte opposta del Dome, visito il Museo, ricco di reperti e ricordi, con un modello di Little Boy, pesante ben 4500 chili, e diverse foto aeree di come era Hiroshima prima dell'esplosione, subito dopo e attualmente, ovvero una normale città nipponica, totalmente ricostruita. Molte le fotografie d'importanti personaggi venuti a rendere omaggio a questa città simbolo: da Papa Woytila a Gorbaciov e al presidente italiano Scalfaro.

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Vi sono poi numerose immagini, abbastanza terrificanti, delle ferite riportate dai sopravissuti, e delle varie malattie che le radiazioni atomiche hanno provocato anche sulle due generazioni seguenti. In questo consiste appunto il terribile lascito dell'atomica: prolungare i suoi effetti nel tempo.

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Dopo tante emozioni ci rechiamo in un bar-ristorante ed è lì che, grazie alla nostra interprete Yuko, ci imbattiamo in un anziano signore che, seduto al nostro tavolo, intavola con noi una discussione, chiedendoci da dove veniamo. Veniamo quindi a sapere che lui ha visto da almeno 10 chilometri di distanza l'esplosione atomica, un'abbacinante bagliore bianco dentro il quale si nascondeva  l'occhio di Dio e che porta ancora sul suo corpo i segni di quella terribile giornata. Pur conoscendo la naturale riservatezza dei giapponesi non riesco a trattenermi e gli faccio una domanda specifica sullo stato delle sue orecchie: mi conferma che da quel giorno sente spesso una specie di suoni di campane, segno inequivocabile di radiazioni atomiche. Mi racconta anche del ribrezzo per l'oscena Pioggia nera, che durò per circa un'ora, e dello sgomento nel constatare, svanito il fungo atomico, che la città non esisteva semplicemente più. Sarebbero tante le domande che vorrei fare all'anziano superstite, oggi ottantasettenne, ma il pudore frena la mia curiosità, che sicuramente sarebbe mal interpretata da un popolo che ha fatto della propria privacy una forma di vita. Saluto pertanto con un breve inchino e il classico Arigatò, che sembra molto apprezzato dall'anziano superstite, al quale comunque riesco a scattare un paio d'immagini, nonostante la scarsa luminosità del locale.
Hiroshima: difficile scordare la fortissima emozione provata nel camminare nel luogo della strage atomica, impossibile dimenticare il suo dramma epocale.

Pierpaolo Ghisetti © 12/2015
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Tutte le immagini con Leica R5, zoom 21-35 e pellicola Rollei 200.

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