LA DOLCE VITA
Tazio Secchiaroli

Pierpaolo Ghisetti, ottobre 2022

Fellini, Tazio Secchiaroli, Dolce Vita

Roma, Via Veneto, la sera del 14 Agosto 1958.
Tre uomini discendono lentamente la via, lanciando occhiate furtive ai tavolini dei vari locali.

- Senti, Tazio, io sono stanco morto, andiamocene a casa, tanto qui non si batte un chiodo!
- Ma sì, forse hai ragione tu Bonora, ormai se ne sono andati tutti a Fregene, in città non c’è rimasto più nessuno!
- E poi quest’idea del grande colpo è un mito, a noi al massimo può capitare di fotografare due poveracci che si vedono di nascosto dal resto del condominio!
- Va bene, arriviamo sino al Caffè de Paris e poi…tutti a casa!
- Guidotti, tu quante foto hai scattato stasera?
- Un paio, non di più, e non so neanche se vale la pena svilupparle.
- Ti ricordi, Tazio, quella volta che…
- Zitto: hai visto chi c’è seduto là?
- Ma dove? Chi?
- Quello grosso, con le due ragazze. E’ Faruk!
- E chi sarebbe?

Bonora non era riuscito a trattenere uno sbadiglio.

- Ma è l’ex re d’Egitto! Se, ogni tanto, oltre alla Gazzetta leggessi qualcos’altro!

Mentre stavano confabulando sotto un albero, Tazio Secchiaroli, dopo aver estratto il flash dalla borsa fotografica, l’aveva inserito nella staffa accanto alla Rollei. Aveva poi regolato il tempo su 1/60 di secondo e la messa a fuoco a cinque metri.
I tre fotografi non potevano certo immaginare che quella sera, con la decisione quasi casuale di fotografare Faruk, avrebbero innescato un meccanismo che avrebbe cambiato in modo irreversibile la storia del costume italiano.

- Io vado. Tu, Guidotti, coprimi.

Con passo deciso Secchiaroli aveva attraversato la strada, tenendo la macchina dietro la schiena con nonchalance. Faruk era seduto tra le due conturbanti sorelle Capece-Minutolo e faceva la corte ad entrambe. Dietro l’ex monarca s’intravedeva la sagoma della sua corpulenta guardia del corpo. Arrivato alla distanza stimata, con un unico movimento, Secchiaroli aveva ruotato la macchina, inquadrato, grazie al mirino sportivo, e scattato un colpo di flash. Mentre ancora il terzetto si domandava cos’era accaduto, era partito il secondo scatto, con relativa flashata.
Ma la reazione era stata immediata: Faruk s’era alzato di colpo, imbestialito dall’interruzione della sua serata galante e, mentre interveniva anche la guardia del corpo, s’era lanciato su Secchiaroli, sollevandolo letteralmente da terra.
In quel preciso istante era partita la terza flashata: ora era intervenuto Guidotti, che aveva colto perfettamente il momento della rissa. Mentre tutti cercavano di bloccare Secchiaroli, Guidotti s’era subito allontanato, portando in salvo il prezioso rullino.
Chiamata dai camerieri del Caffè, era arrivata anche la Celere: in fondo, si trattava di un ex-monarca. Dopo aver mostrato i documenti, Secchiaroli se l’era svignata tra una scusa e l’altra, con la sua tipica faccia di bronzo.
Il terzetto s’era riunito poco dopo.

- Hai visto la faccia di Faruk quando s’è accorto che eravamo in due?
- Stavolta li abbiamo beccati!

Un posteggiatore riconobbe Secchiaroli e l’agganciò:
- Senti un po’, Tazio, quanto mi sganci se ti do una “dritta”?
- Arrivi tardi, Romolo, stasera il nostro lavoro l’abbiamo già fatto!
- Ma questa è una “dritta” seria, fidati.

Si fecero convincere. In effetti ne valeva la pena.
Si fermarono davanti al Brik Top, un noto locale notturno.

- Ragazzi, qui però non possiamo entrare con la Rollei e il flash, altrimenti mangiano subito la foglia e ci buttano fuori a pedate!
- Io ho la Leica, che sta comodamente in tasca, intervenne Bonora.
- Va bene, passamela. Utilizzerò questo piccolo cubo-flash. Tu, Bonora, seguimi dentro, mentre Guidotti rimane all’esterno. Hai i rullini vergini per “la sceneggiata”?
- Ne tengo una scorta nell’altra tasca!

Secchiaroli, grazie ad uno speciale zoccolo, inserì il piccolo cubo-flash sulla slitta della Leica IIIf e regolò la sincronizzazione con l’apposita levetta della macchina. Il piccolo cubo flash gli assicurava un’autonomia di ben quattro scatti, potendo essere ruotato per ciascun lato. Fece rientrare del tutto l’ottica Elmar, in modo da ottenere la massima compattezza dell’insieme.

- Pronti? Allora si va!

Secchiaroli e Bonora si avviarono verso l’ingresso del locale col passo di due “bounty killer” pronti alla sfida dell’O.K. Corral.
Furono subito fermati all’ingresso. Erano già noti e temuti.

- Non ti preoccupare Mario, fece con aria complice Secchiaroli al capo cameriere, devo solo consegnare delle stampe ad un turista americano che parte domani.
- Me lo assicuri? Dove sono le vostre macchine fotografiche?
- Ma non ci servono, dobbiamo solo incassare, intervenne Bonora con aria innocente, non ti fidi?
- Altroché! In ogni modo, solo dieci minuti!
- Vedrai che ci bastano, rispose enigmatico Tazio.

Il locale era molto buio, con tante salette negli angoli. Cercavano con discrezione la loro preda, strizzando gli occhi, mentre sulla pista si ballava un ‘lento’. Faceva molto caldo, ma il night era pieno di stranieri. Ad un certo punto Bonora diede di gomito a Secchiaroli:
- Eccoli lì i nostri “piccioncini”!

La penombra di un tavolo appartato non riusciva a nascondere la statuaria bellezza di Ava Gardner: seduto accanto, Anthony Franciosa le stava facendo una corte spietata.
I due si trovavano a Roma per girare ‘La Maja desnuda’, film in cui recitavano anche diversi attori italiani, come Gino Cervi e Amedeo Nazzari.
I due fotografi si allontanarono l’uno dall’altro, seguendo la loro collaudata tecnica.
Armeggiando dentro la tasca, Tazio aveva allungato l’Elmar rientrante, in modo che l’ottica si trovava ora nella posizione corretta per scattare.
Di colpo Secchiaroli fece due passi avanti e sorprese la coppia adulterina a non più di due metri di distanza grazie al cubo-flash.
La reazione della Gardner fu immediata.

– ‘Bastardo!’ esclamò, in perfetto italiano.

Franciosa, eccitato dalla presenza della bella Ava e dai numerosi whisky, si alzò in piedi minaccioso, proprio mentre Bonora si stava piazzando davanti a lui per poter scattare a sua volta. Tirò un pugno poderoso, che prese Bonora in pieno viso, facendolo ruzzolare in mezzo alla sala. A quel punto, intervennero anche un paio di fotografi che erano presenti nel locale, e che riprendevano abitualmente i turisti.
Secchiaroli, mentre Bonora cadeva, con freddezza aveva già ruotato il piccolo cubo flash per un secondo scatto. Ormai i flash si susseguivano a ripetizione, mentre Franciosa si accapigliava con Bonora, lanciandogli insulti in inglese, incitato dalla Gardner che, toltasi le scarpe, era salita su di una sedia e si godeva la zuffa come in un film. Intervennero anche i camerieri, trascinando fuori i due contendenti, mentre Secchiaroli, nel trambusto generale, si era già involato da un pezzo.

- Give me the film! Give me the bloody film!

Franciosa, a malapena trattenuto dai camerieri, urlava e minacciava il povero Bonora, che era però già pronto per il suo piccolo show di magia. Dopo aver cercato di nicchiare per un poco, tirò fuori la sua Leica, fece per aprire il dorso e si fece scivolare in mano uno dei rullini vergini che teneva in tasca proprio per quelle occasioni. Simulando la costrizione, consegnò all’ingenuo Franciosa, eccitato e trionfante, l’inutile rullino. La “sceneggiata” aveva funzionato perfettamente. Poi, liberato finalmente dai camerieri, raggiunse Secchiaroli e Guidotti, dall’altro lato della strada.

- Stavolta li abbiamo proprio fatti fessi tutti!
- Che rissa, altro che Cinecittà!
- Vedrai domani la faccia della Gardner, quando vede le foto e scopre che il suo bell’Antonio si è fatto buggerare come un allocco!
- Secondo me quella lo mena!
- Veramente mena forte anche lui, puntualizzò Bonora, che aveva il naso rosso e gonfio.
- Dài che ne valeva la pena, credo che ormai sia ora di tornare a casa.

I tre, baldanzosi e trionfanti per il doppio bottino, erano quasi arrivati alla fine di Via Veneto. Erano ormai le quattro del mattino del 15 agosto. Davanti al locale notturno Vecchia Roma, due persone stavano avviandosi verso la macchina parcheggiata poco distante. L’uomo e la donna stavano litigando in inglese, col metodo e l’ostinazione tipica delle persone alticce. La donna non poteva certo passare inosservata: biondissima, giunonica e con una scollatura provocante, la svedese Anita Ekberg era già nota a Tazio Secchiaroli.
Senza pensarci su due volte, Tazio, inquadrata velocemente la scena nel grande mirino della Rollei, fece scattare immediatamente il flash. L’accompagnatore della Ekberg, l’attore Anthony Steel, si voltò, sorpreso, mentre Anita non si era ancora accorta di quello che stava accadendo.

- You son of a bitch, sibilò l’attore, mentre Anita gli urlava da dentro la macchina:
- Wait, Tony, wait…

Era già scattato il flash di Guidotti. La trappola dei “bounty killer” aveva funzionato ancora una volta, con perfetto sincronismo. Steel non ci vide più dalla rabbia: l’alcol e l’ira gli stravolsero il volto mentre si lanciava contro Guidotti. Proprio in quel momento, con una scelta di tempo perfetta, Tazio lo riprese, mentre, con la mano allungata, si avventava su Guidotti. Tuttavia le emozioni della serata erano state troppe anche per Steel: scivolò malamente, rotolando per terra. Mentre i tre fotografi approfittavano della pausa per allontanarsi, la Ekberg accorse per sollevare da terra Steel, caricarlo in macchina, e portarlo finalmente in albergo.
Il giorno dopo, tutte le riviste e i giornali uscivano con le sequenze della notte brava. I commenti naturalmente si sprecarono: si parlò di decadente moralità, di veli scoperti, d’attori ben diversi, nella vita, rispetto alla finzione del cinema. L’opulenza tronfia e prepotente del mondo dei ricchi e dei divi, che da Hollywood si erano trasferiti negli anni cinquanta a Cinecittà, non poteva non colpire l’Italia bigotta e conformista di quel periodo. Proprio quest’arroganza violenta e cinica avevano colto i fotografi che quella sera, inconsapevolmente, avevano dato inizio ad un vero e proprio “genere” fotografico. Un genere, quello dello “scoop”, condotto da agguerriti professionisti, dove il primo va allo sbaraglio, ma è coperto dai colleghi che documentano la rissa successiva. Nasce così anche la grande “riserva” di Via Veneto, terreno di caccia di numerosi epigoni dei nostri protagonisti. Questo tipo di fotografia scandalistica ha conosciuto nel corso degli anni un enorme successo, alimentato non più soltanto dalla carta stampata ma anche dalla televisione. Tuttavia, per lanciare in orbita questo “genere fotografico” non bastava scattare e pubblicare delle foto dal sapore scandalistico. Occorreva una sensibilità e una capacità di sintesi di livello superiore. Ed infatti…
…qualche giorno dopo, nella sede dell’Agenzia Press Photo.

- Pronto? Sì un momento… Tazio, è per te.
- Ma chi è?
- E che ne so! Mi pare abbia detto… uno che fa cinema… vedi tu!
- Sì, pronto, sono Secchiaroli, mi dica…
- Caro Secchiaroli, sono Federico Fellini, ho visto le sue foto e vorrei parlarle di un progetto che ho in mente, ho intenzione di girare un film proprio su certi episodi. Vuole venire a pranzo da me domani a Cinecittà? Ci sarà anche Marcello. Porti le sue foto.
- Certo, con piacere, ma che genere di foto devo portarle?
- Ma le sue naturalmente, quelle scattate in Via Veneto! Allora d’accordo ci vediamo domani, caro il mio Paparazzo!
- E chi sarebbe ‘stò Paparazzo?
- Ma è lei caro Secchiaroli, si fidi, vedrà che questo nome le porterà fortuna!

Un racconto di Pierpaolo Ghisetti © 10/2022
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