FOTO-MERCATO: MERITATO RICONOSCIMENTO O LUOGO DI PERDIZIONE?
Serena Effe, giugno 2006

Una riflessione a caldo, subito dopo la chiusura della Fiera di Basilea, dati significativi alla mano. Con qualche doverosa perplessità.

Edward Steichen, The pond, moonlight: stampa d'epoca (1904) venduta al prezzo record di 2,4milioni di euro. Quotazione a tutt'oggi imbattuta in ambito fotografico

Thomas Struth è risultato uno dei fotografi più quotati alla Fiera di Basilea. La sua Audience 1 (Galleria dell'Accademia) fa parte di una serie in cui gli estasiati osservatori di celebri opere d'arte - in questo caso, del mio amato David di Michelangelo - monopolizzano la scena, divenenendo essi stessi opera d'arte.

ART BASEL 37, la più importante fiera di arte contemporanea (quella che fa il bello e il cattivo tempo in fatto di quotazioni, per intenderci), si è conclusa lo scorso 18 giugno.
L'occasione è buona per provare a tirare qualche somma.
Perché sembra proprio che nell'indistinto e arduo concetto odierno di Arte non sia rimasto che questo imperioso e venale parametro di giudizio. Non più l'abilità tecnica, non più la finezza di esecuzione, il valore dell'Intuizione o un viscerale - nonché inevitabilmente soggettivo - godimento estetico.
No. Oggi è il Mercato che si impone sull'arte. Non più viceversa.
E allora parliamone, di questo Mercato. Poco, prometto. Quel tanto che basta a controllare il polso della situazione relativamente alla Fotografia, che, smesso il suo liso grembiule da servizievole Ancella dell'Arte (quella con la "A" maiuscola, appunto, a cui da sempre è stata contrapposta), mai come adesso sembra aver accumulato un cospicuo mazzetto di Carte in Regola per entrare nell'intoccabile torre d'avorio dell'Arte contemporanea, a testa alta.
I sintomi sono a dir poco lampanti. La diagnosi, scontata.
Primo sintomo: 639%. E' la percentuale di incremento delle quotazioni in ambito di collezionismo fotografico registrata in cinque anni (dal '97 al 2002).

Secondo sintomo: un Tempio Sacro dell'arte mondiale come il Metropolitan Museum di New York che acquista le 85mila immagini fotografiche della Collezione Gilman (con relativa, inevitabile impennata delle quotazioni).

Terzo sintomo: 2,4 milioni di euro. E' la cifra record, raggiunta lo scorso febbraio in un'asta dell'americana Sotheby's, a cui è stata acquistata una stampa fotografica del 1904 di Edward Steichen: The pond, moonlight.

Quarto, e più recente, sintomo: praticamente tutte tra le quasi 300 gallerie d'arte presenti ad ART BASEL 37 annoveravano, nella loro "scuderia", almeno un artista dedito al linguaggio fotografico. E le quotazioni non erano propriamente da mercatino. Per portarsi a casa una delle "stanze allagate" del fotografo americano Casebere (Monticello n.1, cm 229x178), per fare un esempio tra un milione, ci volevano 35mila euro. 45mila, se si preferiva Maghreb. E che dire di Thomas Struth? 150mila euro per Duomo di Firenze (cm 179x236).
Son cifre che parlano - anzi, urlano - da sole.
Sembra proprio che l'intrinseco dissidio di un'arte riproducibile per antonomasia come la Fotografia sia acqua passata. Il concetto di "dissolvenza dell'aura", teorizzato da Walter Benjamin nel suo saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, poneva il problema del "pezzo unico", dell'Originale, sul quale i nuovi collezionisti pare abbiano pensato bene di chiudere un occhio.
Con il termine di "aura" si intendeva quel valore aggiunto e "cultuale" (di culto) dato dall'hic et nunc, il qui e ora di un'opera, considerata nella sua unicità. Valore aggiunto che, ovviamente, trovava un lauto riscontro in denaro. Per fare un esempio: comprare un quadro di un qualsiasi famoso pittore significava non tanto acquistare una tela con del colore sopra: con esso si acquistava soprattutto quella soffusa atmosfera che gli aleggiava intorno, data dalla consapevolezza che quelle pennellate erano state stese dalla mano del pittore stesso, e che quell'unica copia originale era lì, davanti a noi, in quel momento, e in nessun altro luogo. Unica, appunto. E, in forza di questo, preziosa. Era questo il meccanismo che, fino a poco tempo fa, dominava, praticamente da solo, i movimenti del collezionismo d'arte.

Hans Op de Beeck, All together now...(fotogramma da video). Le sue foto di tavolate di famiglia si aggirano intorno ai 10mila euro.

James Casebere, Red Room #1 (cm 181x227): una delle sue "stanze allagate"

Fotografie in mostra ad ART BASEL 37 (foto dal sito, visitabile QUI)

James Casebere, Maghreb: stampa digitale su plexiglas (cm 122x152), può essere vostra al "modico" prezzo di 45mila euro

Inevitabile, quindi, l'ascesa stentata della Fotografia: un'arte in cui il concetto di "aura" si dissolve inevitabilmente nell'ambito delle infinite possibilità di riproduzione. Con l'avvento del digitale, poi, non ne parliamo: se ogni singola stampa può fregiarsi del titolo di "Originale", è un pò come dire che nessuna, in realtà, lo è davvero (riflessione che sarebbe un invito a nozze per il Pirandello di Uno, nessuno e centomila).
Sembrava quasi scontato l'atteggiamento snob dei collezionisti nei confronti della Fotografia (eccezion fatta per le stampe d'epoca in numero limitato, di cui non sia più presente il negativo: è il caso della foto di Steichen di cui sopra).

Una passata di spugna e via, ci se ne fa una ragione. E' così che il collezionismo fotografico ha preso il volo, soprassedendo su questi e altri paradossi (e aiutato anche dall'ascesa proibitiva dei prezzi dell'arte contemporanea "in senso stretto", che ha spinto un gran numero di investitori a ripiegare sull'astro nascente - e ben più abbordabile - della Fotografia).
Insomma, qualsiasi siano i motivi di questa nuova tendenza, tant'è: la Fotografia è entrata nell'Olimpo dell'Arte contemporanea, e dopo qualche ingresso quasi furtivo dal retro, ora incede baldanzosa sulla soglia della porta principale.

Tutto questo è un bene per la Fotografia? o no?

Di indubbio c'è solo questo: mai come adesso le parole Arte e Business sono prossime a diventare sinonimi.
Si rischia di arrivare a misurare la Creatività a colpi di assegni staccati. Si rischia di vederla sommersa, concupita, adulata irrimediabilmente da quella valanga di carta che arriva con troppa, troppa facilità.
Che l'Arte sia un concetto intrinseco all'umanità, è pericoloso darlo per scontato, di questi tempi. L'Arte, da che mondo è mondo, non ha mai reclamato lauti compensi per venir espressa. Era un parto inevitabile, molte volte sofferto e incompreso o considerato superfluo. Ma proprio per questo, fondamentalmente sincero.
Ora invece reclama riconoscimenti, posti d'onore, quotazioni esorbitanti, tappeti rossi da star bizzosa.
L'Arte si fa sempre più presuntuosa, insopportabilmente supponente e ruffiana.
Dovremmo quindi gioire dell'entrata della Fotografia in questo Regno Dorato? O stare un po' in pena, come un genitore in ansia per le nefaste influenze delle fantomatiche "cattive compagnie"?
La sua relativa "giovinezza" (meno di 200 anni di vita sono niente, in confronto ai millenni di pittura e scultura) era riuscita fino ad ora a garantire una certa candida genuinità di spirito, una sorta di purezza pre-adolescenziale, ancora ignara dei compromessi dettati dalla contemporaneità.
Riuscirà la Fotografia a mantenere il suo sguardo autonomo e limpido anche in questo salotto tappezzato di specchi che rimandano incessantemente gli uni agli altri? Resisterà alla tentazione di salire su questa giostra luccicante, sterilmente autoreferenziale, speculativa e non di rado abissalmente cava?

Un piccolo spunto di riflessione sul futuro della Fotografia.
O, se non altro, buone nuove per chi sia intenzionato a darsi al collezionismo fotografico.

Siti di riferimento:
www.artprice.com
www.artnet.com, ottimo database con 180mila artisti contemporanei e non
(in tutti e due i casi la consultazione delle quotazioni è però a pagamento).
Il saggio di Walter Benjamin citato nel testo è edito da Einaudi (e contiene al suo interno anche una interessante Piccola storia della fotografia).

Serena Effe © 06/2006
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