IL "NEGATIVO" AL TEMPO DEL DIGITALE
Carlo Riggi, luglio 2009

Mi riferisco alla Capacità Negativa, cioè quella capacità che un uomo possiede se sa perseverare nelle incertezze, attraverso i misteri e i dubbi, senza lasciarsi andare ad una agitata ricerca di fatti e ragioni. 
J. Keats, Lettera a George e Thomas Keats  21 Dicembre 1817

carlo riggi © nadir magazine 2009La comparsa dell’esposimetro segnò un grosso problema di coscienza per i fotografi di allora, ai quali parve che il diabolico intruso avrebbe snaturato il proprio approccio confidenziale con la luce. La preoccupazione non era infondata, ma ugualmente lo strumento diventò presto un ausilio fondamentale per quasi tutti i fotografi. Succede così ogni volta che un nuovo artifizio arrivi a facilitare i processi introducendo un qualche tipo di automatismo.
Il dilemma si ripropone oggi di fronte alla tecnologia digitale, la nuova frontiera che sta spaccando in due il mondo della fotografia amatoriale, indecisa tra la conversione senza remore alla modernità del sensore e la strenua resistenza in difesa della pellicola. La questione è declinata in vari modi, da quelli più vivacemente sciovinisti, con vere frange di ultras da una parte e dall’altra, fino a quelli più rigorosamente filosofici.
Proviamo anche noi a contribuire al dibattito con qualche riflessione, ben consapevoli che ogni discorso fatto adesso sarà esposto allo sberleffo tra qualche tempo. Il futuro prenderà in ogni caso le strade che vorrà.
Molti concordano sul fatto che, specie nel bianconero, l’asettica pulizia del digitale mal si sposi con il gusto del reportage classico, il cui riferimento resta sempre la grana “polverosa” della mitica Tri-x. Sta così prendendo piede l’abitudine di avvalersi di appositi software atti a simulare le irregolarità della pellicola. Quelli che in principio erano difetti vengono adesso considerati caratteristiche irrinunciabili, tanto da imporli a strumenti che di per sé ne sarebbero esenti.
Personalmente, non mi scandalizza l’idea di cercare di ottenere col digitale esiti aderenti ai risultati tradizionali. Le nuove tecnologie, se opportunamente esplorate, possono offrire senza arrossire risultati plausibili in ogni senso, sia sul versante del “realistico” che su quello dell’”inverosimile”.
Più che sull’esito finale dunque, spesso indistinguibile, proverei a ragionare sulle differenze riguardanti gli aspetti creativi della formazione dell’immagine. In particolare sul ruolo del negativo.
Che ne è di questo fondamentale passaggio intermedio, archivio silente di fotografie potenziali, “preconscio ausiliario”, luogo dell’immagin/azione, cioè di elaborazione di immagini in divenire?  
Se, come crediamo, la realtà è validata dall’immaginario allora non è tanto il negativo come supporto concreto a fare la differenza. Il punto nodale è piuttosto costituito dalla latenza, il tempo dell’attesa, della non esistenza e della non conoscenza, capace di avvicinarci all’autenticità, all’origine, all’emozione pura (senza mai raggiungerla, ovviamente). Il medium, lo spazio intermedio, trasformativo, transizionale, non è necessariamente un luogo fisico (la pellicola impressionata) ma è un tempo.  
Anche il digitale ha quindi il suo negativo, a costo che lo si lasci “sviluppare”, che non lo si saturi con il ricorso compulsivo al monitor della fotocamera. Il nostro negativo si chiamerà tecnicamente RAW, o NEF, o DNG, ma sarà soprattutto un luogo temporale, l’intervallo della indecifrabilità, del buio, dell’attesa trasformatrice e simbolopoietica.
In questo spazio dell’indefinitezza si forma l’immagine, essa viene immagin-ata ed entra a pieno titolo nell’immagin-ario, divenendo così Fotografia.
Ancora una volta il non-tempo dello scatto dell’otturatore, interstizio invisibile della realtà, deve incontrare il Tempo (non più il Chronos, il tempo oggettivo, ma il Kairos, il tempo interno dell’individuo) per essere rappresentato e diventare esperienza condivisibile, emozione e poi anche pensiero. Questo vale per le tecniche tradizionali come anche, con le dovute accortezze, per i ritmi accelerati della realizzazione digitale. Così il Tempo, il nostro negativo, lo spazio creativo per eccellenza, ci accompagnerà anche nell’era dei pixel.

Carlo Riggi © 07/2009
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