La domanda di un affezionato lettore mi ha spinto a scrivere questo articolo. Mi sembrava che l'argomento potesse meritare qualcosa di più di una semplice risposta nel Forum, anche perché quanto proposto esula dall'ambito ristretto del grande formato. In breve, il lettore chiede: "Ma alla fine, perché continuiamo ad usare il piccolo formato? Se rispetto ai formati superiori i risultati sono così scadenti, perché non passare decisamente ai formati superiori e relegare le nostre reflex a un uso appena appena dilettantistico?"
Confronto fra i più diffusi formati di negativo. In rosso il fotogramma di piccolo formato (pellicola 135), nelle varie tonalità dell'azzurro tre fotogrammi di medio formato (pellicola in rullo 120), in giallo il formato 4x5"/10x12 cm (pellicola piana o lastra). Per ottenere una stampa di 20x24 cm, il negativo 4x5" deve essere ingrandito quattro volte, quello di 24x36 mm deve essere ingrandito 55 volte.
Visualizzazione grafica di come cambia la profondità di campo al variare del diaframma (a sinistra) e della lunghezza focale (a destra). Il terzo parametro che interviene a modificare la pdc è la distanza di ripresa (illustrazione tratta dal Corso di fotografia di Antonio Arnofi).
In alto, Gli effetti della diffrazione della luce emessa da una lampada a incandescenza. In base a questo fenomeno la luce viene dispersa nelle diverse componenti dello spettro. Sul negativo questo si traduce in una perdita di nitidezza tanto più marcata quanto più aumenta la percentuale di luce diffratta rispetto a quella normalmente rifratta dal sistema ottico.
In centro e in basso, viene visualizzato ciò che accade quando un'onda piana viene fatta passare attraverso una fenditura. Come si può osservare, quando la fenditura è sufficientemente larga l'onda piana passa attraverso la fenditura esattamente come previsto dall'ottica geometrica e dal modello corpuscolare. Quando la fenditura diventa più piccola, comincia cioè ad avere dimensioni dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda, si comincia ad osservare qualche cosa che non ha più spiegazioni con il modello corpuscolare; invece di assottigliarsi ulteriormente, come ci aspetteremmo, il fascio di luce si "sparpaglia" e si formano zone prive di movimento ondoso. A mano a mano che la fenditura diventa sottile l'onda si avvicina sempre di più ad un'onda circolare e diventa tale quando la larghezza della fenditura diventa più piccola della lunghezza d'onda della luce che la attraversa (illustrazioni tratte dal sito Internet del Liceo di Lugano, Svizzera).
Gli effetti della diffrazione: l'immagine ingrandita di uno spillo appare priva di nitidezza: i bordi appaiono "sfrangiati".
Un negativo di piccolo formato deve essere ingrandito 1,75 volte più di un negativo 6x6 per ottenere una stampa di identiche dimensioni. Per ottenere la stessa risoluzione sulla stampa finale, tuttavia, le frequenze spaziali di coppie di linee per millimetro alle quali riferire la funzione di trasferimento della modulazione (MTF) di un obiettivo per il medio formato possono essere il 57% di quelle necessarie a un'ottica per il piccolo formato. Questo trascina con sé una conseguenza logica: quanto più cresce il formato del negativo, tanto minore appare l'importanza di un parametro quale il potere risolvente. Questa affermazione ha un corollario (che può sembrare secondario rispetto al discorso che stiamo facendo ma che è in ogni caso importante): utilizzare nel piccolo formato obiettivi progettati per il medio formato può essere pericoloso, dal momento che questi ultimi sono caratterizzati da un potere risolvente sufficiente per un negativo di maggiori dimensioni (il quale pertanto deve essere ingrandito di meno) ma quasi sempre inferiore a quello che caratterizzerebbe un'ottica di pari focale ma progettata per il formato inferiore.
Questo significa dunque una condanna senza appello del piccolo formato? Niente affatto: significa soltanto che ogni formato deve essere utilizzato in ambiti di applicazione ben precisi. Nessuna agenzia di pubblicità accetterebbe un negativo 24x36 quando si tratta di realizzare manifesti di grandi dimensioni con immagini nitide e incise, mentre sarebbe del tutto sovradimensionato (e inutilmente costoso) usare un banco ottico 13x18 per realizzare immagini destinate a un pieghevole turistico.
Senza contare che - con la pellicola giusta e i necessari accorgimenti - anche un negativo di 35 mm può fornire immagini sufficientemente nitide da poter essere ingrandite convenientemente.
Sorpresi?
Consideriamo alcuni fattori.
La profondità di campo.
Consideriamo di voler ottenere la stessa inquadratura con tre differenti obiettivi: un 50 mm sul formato 24x36 mm, un 80 mm sul formato 6x6 cm e un 150 mm sul formato 10x12 cm. Com'è noto, a parità di diaframma e di distanza di ripresa la profondità di campo diminuisce col crescere della focale. Questo significa che di fatto, per avere la stessa pdc, gli obiettivi di focale maggiore devono essere diaframmati di più. Di fatto, se impostiamo il 50 mm a f/5,6 occorrerà impostare l'80 mm a f/11 e il 150 mm a f/22 (che in effetti è l'apertura di lavoro sulla quale vengono testate le ottiche di grande formato). Questo ragionamento è volutamente semplice e non tiene conto delle possibilità di controllo della pdc garantite, nel grande formato, dalla presenza di corpi mobili. Ne parleremo dopo.
La diffrazione.
Ma a questo punto un nuovo parametro si introduce. Infatti sappiamo che quanto più un obiettivo è diaframmato tanto più subisce gli effetti della diffrazione, con conseguente perdita di qualità. Di fatto, ai diaframmi più aperti il piccolo formato si rivela, da questo punto di vista, più vantaggioso.
La stabilità.
Il grande formato produce di fatto immagini più nitide anche perché la macchina viene sempre e comunque fissata a un robusto cavalletto. La reflex di piccolo o medio formato, al contrario, non solo viene prevalentemente usata a mano libera, ma subisce anche l'effetto delle vibrazioni dovute al ribaltamento dello specchio. L'uso del treppiede e - nelle fotocamere che lo consentono - del sollevamento manuale dello specchio prima dello scatto sono accorgimenti in grado di ridurre drasticamente una perdita di nitidezza dipendente non tanto dal formato di ripresa quanto dall'uso specifico che se ne fa. Un altro potente alleato della nitidezza è il cavo di scatto flessibile (o l'uso dell'autoscatto). Non a caso il cavo di scatto flessibile è considerato irrinunciabile nel grande formato: anche se in teoria sarebbe possibile far scattare manualmente la levetta dell'otturatore, in pratica nessun fotografo di buon senso lo farà mai. Un ulteriore accorgimento per aumentare la nitidezza dell'immagine è rappresentato dall'uso del flash. Quando si fotografa a mano libera, l'unico modo per minimizzare il micromosso è fare ricorso a un tempo di otturazione quanto più breve possibile. E poiché quando si usa il flash ciò che determina l'esposizione è la durata del lampo, ecco che i tempi di otturazione diventano davvero brevi (talvolta intorno al 50.000 di secondo), e sicuramente in grado di bloccare qualunque vibrazione.
Il difetto di reciprocità.
Il grande formato implica tempi di otturazione piuttosto lunghi, dovuti essenzialmente ai diaframmi chiusi resi necessari dalla necessità di mantenere una profondità di campo accettabile anche con obiettivi di lunga focale (ricordiamo che nel formato 20x25 cm l'obiettivo "normale" è pari a 300 mm!). Finché si lavora in pieno sole (o in studio con le lampade) non è un problema, ma quando le condizioni di luce diventano critiche tempi superiori ai 10 secondi sono piuttosto frequenti. Lo stesso avviene nel close-up, a causa dell'incremento del fattore di posa dovuto al crescere del rapporto di riproduzione, oppure quando si usano filtri piuttosto densi. Tempi di otturazione così lunghi richiedono di compensare manualmente il difetto di reciprocità.
Come fare per ottenere, anche nel piccolo formato, risultati paragonabili (se non uguali) a quelli consentiti dai formati maggiori? Se si considera attentamente quanto è stato detto fino ad ora, la risposta non è difficile:
Il vero vantaggio del grande formato non sta tanto nelle dimensioni del negativo, quanto nella totale creatività che esso consente grazie alle possibilità di movimento dei corpi. Il controllo della profondità di campo nitido garantito dai movimenti di basculaggio consente di usare diaframmi non eccessivamente chiusi, con tutto vantaggio per la nitidezza (minimizzazione della diffrazione), là dove i formati inferiori risultano in questo limitati dalla rigidità costruttiva degli apparecchi. Non a caso molti professionisti usano dorsi per pellicola in rullo (135 o 120) anche sulle macchine a banco ottico, proprio per godere dei vantaggi derivanti dalle possibilità di movimento dei corpi.
In conclusione mi sembra di poter rispondere al lettore rassicurandolo sul destino del piccolo formato: se utilizzato come si deve, e cioè attuando tutti gli accorgimenti utili ad incrementare la nitidezza (non solo in fase di ripresa, ma anche in fase di trattamento), esso è perfettamente in grado di far fronte ad esigenze tutt'altro che dilettantistiche. L'unica cosa che mi sembra saggio ricordare è che ogni strumento di lavoro e ogni sistema di ripresa ha un suo ambito di applicazioni ben preciso e che i differenti ambiti non sono - se non parzialmente - sovrapponibili. Fare i "partigiani" di questo o quel sistema, del grande formato versus il piccolo formato o della fotografia chimica versus la fotografia digitale (tanto per citare un'altra questione alla moda) dimostra soltanto scarsa maturità, oltre che un'altrettanto scadente preparazione tecnica.
Michele Vacchiano © 03/2002
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