BHUTAN
Nel regno del dragone con Leica M7 e Elmarit 21/2.8 Asph

Pierpaolo Ghisetti, settembre 2021

In un vecchio film del 1938 di Frank Capra – Orizzonte perduto – si narrava di un gruppo di viaggiatori dispersi che finivano in un remoto regno himalaiano, circondato da montagne altissime, ove l'esistenza era pacifica, perfetta e non si invecchiava.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Era la mitica Shangri-La, quel posto ove ti dimentichi di tutto per una vita ideale e serena. Una valle dove si perpetuano culture e miti antichissimi, proteggendoli dall'ingordigia moderna. Un mito, che è esistito anche nelle Alpi e nel Rosa in particolare, La valle perduta, o Die Verlorene Tal, dal versante svizzero, ove nel settecento si favoleggiava di una valle ricca di pascoli e acqua in mezzo alle fiumane glaciali.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Da appassionato di montagna questo mito non poteva non impressionarmi anche perché in realtà questo regno perduto esiste veramente: il Bhutan, in Himalaia. Questo piccolo stato, incastonato tra Nepal e India, grande circa 40.000 chilometri quadrati (come due regioni italiane, circa), è un regno ove il re non è angustiato dal PIL, terrore di tutti i governanti, ma dall'Indice di Felicità dei suoi abitanti. Contrariamente al vicino Nepal, divenuto negli anni popolare meta turistica, per alpinisti e trekker, con una miriade di problemi prima sconosciuti, dall'inquinamento della capitale Kathmandu al consumo di droga, sino alla deforestazione progressiva, il Bhutan è rimasto chiuso sino agli anni duemila, con pochissimi ingressi di stranieri.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Questo è avvenuto sia perché le grandi montagne di ottomila metri si trovano in Pakistan e Nepal, e quindi la parte himalaiana butanese mostra scarso appeal per le spedizioni alpinistiche, sia per la forte tassa giornaliera, che grava sugli ingressi, che scoraggia un turismo di massa. La catena himalaiana divide il Bhutan dal Tibet, con vette alte sino 7000 metri, alcune delle quali mai scalate o addirittura senza nome.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Sino al 1700 circa il nome del paese era Druk-Yul, la Terra del Drago, ed è per questo che il Dragone compare sulla bandiera ed occupa un posto importante nella mitologia butanese.
Remoto e inaccessibile il Bhutan regala itinerari emozionanti con passi da valicare di 3700 metri (il Passo dello Stelvio, il più alto di Europa, è 1000 metri più basso), su strade incredibilmente tortuose, ove il rettilineo non esiste. Da notare che l'altitudine di questi passi corrisponde nelle Alpi a montagne coperte di ghiacci, come il Cevedale, ad esempio, ma nello schema altimetrico himalaiano a questa altezza si trovano versanti boschivi pieni di rododendri d'alto fusto. Lungo le strade incontriamo una popolazione sempre sorridente e i meravigliosi Dzong, i monasteri fortezza, simbolo del paese.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Questi monasteri, dall'architettura caratteristica e particolare, del tutto autoctona, si trovano dappertutto nel paese, sono enormi e ospitano comunità di monaci buddisti, spesso isolati dal mondo, dediti alla preghiera e alla meditazione. Perfino nel film Batman begins viene rappresentato un monastero butanese vicino ad un gigantesco ghiacciaio (in realtà girato in Islanda), per rappresentare un luogo remoto e impenetrabile, sede di una setta segreta.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Ne ho visitati diversi, adornati da magnifiche pitture, perfettamente restaurate: nel buddismo non esiste una concezione temporale di conservazione, come in Europa, e quando qualcosa invecchia viene ripristinata a nuovo. Ci si trova pertanto di fronte a pitture brillanti e costruzioni vecchie di secoli che sembrano avere solo qualche anno di età, quasi nuove. Spiazzante!

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

In questo viaggio avevo con me un vasto corredo Leica: del resto quasi un mese in luoghi lontanissimi dalla capitale (una strada con una ventina di edifici, la capitale Paro era tutto lì), senza nessun appoggio esterno, hanno consigliato una autonomia fotografica totale.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Tra le macchine una Leica M7, talvolta equipaggiata col winder M, e un Elmarit 21/2,8 Asph. La focale da 21mm è stata introdotta nel sistema M nel 1958, con due ottiche Super Angulon fornite dalla Schneider. Successivamente nel 1980 è apparso l'Elmarit f2,8 e poi nel 1997 la versione Asferica, ambedue di progettazione Leica. Nella foto d'introduzione si vede l'evoluzione dalla primissima e rara versione a sinistra, poi quella con messa a fuoco sino a 40cm, non accoppiata al telemetro, poi quella definitiva. Nessun elemento ha mostrato segni di cedimento o debolezza: la M7 è partita con batterie fresche e un set di ricambio mai utilizzato, con una uniformità di esposizione perfetta e meccanica sempre pronta. L'Elmarit possiede il solito paraluce ingombrante, (ma rimovibile, nel caso) che ne limita talvolta l'uso, ma dal punto di vista meccanico non ha mai avuto nessun problema.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Normalmente preferisco utilizzare il 21mm (o il 19mm) su una reflex, per controllare non solo l'angolo di campo, ma soprattutto la scansione dei piani, ed evitare il solito primo piano vuoto e insignificante, con il soggetto sempre troppo piccolo. Tuttavia in questo viaggio ho scelto due macchine M e la Minilux, e un 21mm occorreva assolutamente: un giaccone con ampie tasche laterali accoglieva spesso macchina e obiettivo, facendomi risparmiare il solito cambio macchina-obiettivo riposto nella borsa, con notevole praticità operativa. Naturalmente per controllare l'inquadratura il 21mm è stato corredato dell'apposito mirino: occorre sempre considerare che con un super grandangolare accoppiato a macchina a telemetro il mirino delimita solo l'angolo di campo e non la profondità di campo, che appare uniforme. In questo caso uso la tecnica della messa a fuoco telemetrica a 3-5 metri, per poter essere sicuro che il soggetto si trovi realmente vicino. In effetti sia all'esterno che negli interni degli Dzong, bellissimi e spettacolari, con raffinate costruzioni in legno, il 21mm si è rivelato prezioso, nella classica composizione triangolare, ovvero con un soggetto in primissimo piano, persona o cosa, e ai due lati altrettanti soggetti a quinta a condurre lo sguardo sul primo piano.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Anche a distanza ravvicinata l'Elmarit ha risposto perfettamente, con un'incisione superlativa, ricchezza cromatica e saturazione pastosa e spettacolare, con le solite dia Velvia 100. I monaci, sempre disponibili e sorridenti, talvolta curiosi, si sono prestati volentieri a interrompere le loro preghiere per accontentare lo straniero invadente e ficcanaso, ma hanno anche apprezzato la silenziosità della Leica e il winder mi ha permesso facilmente il doppio scatto, ovvero la prima foto in posa, e la seconda con atteggiamento più naturale e rilassato. Da notare che spostandoci sempre ad altitudine superiori ai duemila metri e spesso sopra i tremila metri, l'atmosfera pura e tersa (senza inquinamento di nessun tipo) ha contribuito notevolmente alla purezza e alla saturazione cromatica.

Leica M7 e 21 Elmarit in Bhutan

Tante valli visitate, alcune veramente isolate e magiche, il festival di Paro, con danze e maschere, le foreste di rododendri, la popolazione con i caratteristici e colorati costumi tradizionali, e i magnifici Dzong, mondi isolati dal mondo, ci hanno fatto rivivere il sogno di Shangri-La: le leggende talvolta hanno dei fondamenti, chissà quanto volontari, ma sicuramente il Mito della Valle Perduta forse non era solo un Mito!

Pierpaolo Ghisetti © 09/2021
Riproduzione Riservata

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