ICA POLYSCOP
La progenitrice delle fotocamere stereo
Rino Giardiello, maggio 2021

La fotografia stereo per vedere le immagini in 3D? Non è un sogno dei tempi moderni e del cinema 3D, ma affonda le sue origini agli inizi del 1900.

Ica Polyscop stereo

La Ica Polyscop, prodotta a partire dal 1910, era una fotocamera tedesca realizzata a Dresda che permetteva di scattare fotografie stereo e panoramiche su lastre grazie ad un particolare dorso che ne conteneva ben 6 e 12 in alcuni modelli.

La "International Camera AG", fondata nel 1862, diventò ICA nel 1909 e nel 1926 si fuse con "Goerz" e "Duchessa" (che, tra l'altro, producevano fotocamere stereo molto simili alla Ica Polyscop, la "Goerz Tenax" e la "Duchessa Nettel") dando vita al marchio Zeiss-Ikon.

Ica Polyscop stereo

Nel corso degli anni la Ica Polyscop è stata offerta in diverse versioni con diversi obiettivi e formati di pellicola dal 45x107mm al 120 6x13cm e gli obiettivi Zeiss Tessar 50mm F/4.5, 65mm F/4.5 e 90mm F/4.5 (equivalenti a circa 28mm su pellicola 6x13cm), ma all'inizio ce n'era anche una versione più economica con un obiettivo Ica Acromatico da 65mm poi sostituito da un Ica Novar da 68mm che continuò ad essere offerto anche nei successivi modelli in alternativa ai più costosi Zeiss Tessar.

L'otturatore offre i tempi di scatto Z (posa B), 1/3, 1/5, 1/10, 1/25, 1/50, 1/100 e 1/250.

Ica Polyscop stereo

La Ica Polyscop delle foto è quella del 1913 con due obiettivi Zeiss da 65mm F/4.5 (6,5cm come si usava dire all'epoca). La distanza tra i due obiettivi è di circa 6.35cm che corrisponde approssimamente alla distanza tra gli occhi umani per garantire una perfetta visione stereo.

Ne sono stati realizzati diversi modelli dal 1912 al 1920, ribattezzati in modi leggermente diversi a seconda del paese dove veniva venduta. In Germania, per esempio, il nome era "Polyskop" e ne esistono anche dei modelli marcati "Polyscope A".

Tutti i modelli hanno un "mirino sportivo" laterale.

Ica Polyscop stereo

Alcune versioni di Ica Polyscop:

Ica Polyscop stereo

In questa vista dall'alto si nota il mirino a pozzetto che equipaggiava alcuni modelli di Ica. Chiamarlo "mirino a pozzetto" è un eufemismo in quanto è poco più di un buco con uno specchio, ma permette di inquadrare con maggiore precisione rispetto al "mirino sportivo" posto lateralmente.

Un interessante articolo sulla fotografia stereo è già stato pubblicato su Nadir ed è disponibile qui.

Le diverse versioni della Ica Polyscop 45x107 hanno dimensioni approssimative di 13,5x5,5x8cm e pesano sui 450-500 grammi. Le dimensioni ed il peso aumentano per il modello 609/1 6x13 e per le versioni con 12 lastre anziché 6.

Rino Giardiello © 05/2021
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Un altro mio articolo con delle osservazioni sulla fotografia stereo e la tridimensionalità degli obiettivi, è stato pubblicato su CineSud FotoMagazine dove trovate l'articolo completo (questo è un estratto).

CON UN OCCHIO SOLO: LA VISIONE STEREO E LA TRIDIMENSIONALITÀ DELLE FOTO

Si può fotografare con un occhio. Non ne servono due. La realtà è tridimensionale, ma le foto sono a due dimensioni. A che servono due occhi se poi guardiamo la realtà solo con un occhio? Un occhio appoggiato al mirino, un occhio per valutare l'immagine, un occhio per inquadrare e esporre correttamente.

La foto, sul computer o stampata su carta, è bidimensionale, se la guardiamo con due occhi o con uno non cambia nulla. Eppure ogni giorno assistiamo al miracolo della fotografia, di splendide foto che sembrano finestre aperte sulla realtà e scene incredibilmente realistiche, cioè tridimensionali.

Come può avvenire tutto ciò? Come può un'immagine piatta assumere i volumi e le distanze della realtà?
Se non parliamo di fotografia stereo, che sfrutta la capacità del nostro cervello di fondere le due immagini provenienti dai due occhi, quindi leggermente distanziate tra loro (due diversi punti di vista), la tridimensionalità è solo un trucco, un'illusione. Ci illudiamo tutti i giorni di vedere quadri, disegni e fotografie tridimensionali, ma è solo un abile gioco di rappresentazione della realtà a rendere credibile l'inganno: basta osservare la storia della pittura per scoprire quando e come le immagini dei dipinti sono diventate tridimensionali. E' il giorno in cui sono state create le ombre, le luci e le sfumature.

Un bambino disegna un cerchio su un foglio di carta, dice che è un pallone e noi lo "vediamo", ma in realtà si tratta solo di un cerchio, non di una sfera. Il cerchio diventa sfera solo nel momento in cui ci viene detto: il cervello e la nostra fantasia mettono le informazioni che mancano. Aggiungendo anche un semplice tratteggio per simulare l'ombra, vediamo come il cerchio inizi immediatamente a diventare una sfera.

I pittori hanno creato sempre migliori giochi di luci, ombre e sfumature per ottenere il senso di tridimensionalità, in fotografia è lo stesso. A parte cercare soggetti con una buona luce e la giusta percentuale di luci e ombre, ci sono obiettivi che sono maggiormente in grado di restituire il senso di tridimensionalità. Una volta era un vanto della scuola tedesca rispetto a quella giapponese e, in effetti, le foto scattate con un obiettivo tedesco avevano "quel certo non so che", quella grande tridimensionalità che mancava nelle pur nitidissime foto scattate con gli obiettivi giapponesi. [Segue...]