Per tempi di esposizione lunghi la luce ricevuta durante le fasi A e C è minima rispetto a quella ricevuta durante B, ma per tempi molto brevi l'errore indotto può essere significativo. Una soluzione potrebbe consistere nell'aumentare la velocità delle tendine, cosa che si scontra con dei limiti di realizzazione meccanica. L'altra, che è quella comunemente adottata, consiste nel far partire la seconda tendina senza attendere che la prima sia aperta del tutto. Il sistema si trasforma così in una fessura che attraversa il fotogramma. È intuitivo che in questo modo ogni parte del fotogramma verrà esposta per una frazione del tempo impiegato dalla fessura per attraversarlo. Se per esempio la fessura è larga 3,5 mm e la fessura percorre il fotogramma, cioè 35 mm, in 1/100, ogni parte del fotogramma verrà esposta per 1/1000. Per inciso, questa soluzione comporta che una parte del soggetto viene fotografata prima ed un'altra dopo, ma in pratica si può considerare che vengano fotografate nello stesso istante. Solo un oggetto velocissimo che attraversasse il campo di visione dell'obiettivo in modo che la sua immagine viaggiasse a velocità dello stesso ordine di quella della tendina, darebbe luogo ad un'immagine deformata, ma queste sono situazioni estremamente rare.
E veniamo al flash. L'unica cosa più veloce della tendina è il lampo del flash che illumina tutta la scena durante un brevissimo istante. Per questo bisogna ricorrere ad un tempo di esposizione sufficientemente lento che lasci scoperto tutto il fotogramma nello stesso istante, se no si finisce con l'esporre solo quella porzione del fotogramma che si trova in corrispondenza della fessura al momento in cui scatta il lampo del flash.
Questo è il tempo di sincroflash, cioè il tempo più breve in cui un certo otturatore di una certa macchina fotografica lascia completamente scoperto il fotogramma. Il tempo di otturazione è quindi ininfluente ai fini dell'esposizione del flash se non per sincronizzare ed armonizzare, se voluto, la luce ambiente con la luce flash (ma questa è un'altra storia).
Morale della favola: per avere una corretta esposizione con il flash, basta impostare il giusto valore di diaframma (in automatismo, con l'apposita tabella o con "numero guida diviso distanza") ed il tempo di sincroflash indicato sulla fotocamera.
Impostando tempi più brevi il flash illuminerà solo una sottile fessura, verticale od orizzontale a seconda del senso di scorrimento delle tendine. Impostando tempi più lenti, funziona tutto perfettamente e si può ottenere la sincronizzazione della luce flash con quella ambiente ed il cosìdetto slowsynch, stando attenti a non fare dominare la luce ambiente su quella del flash altrimenti eventuali soggetti in movimento daranno origine a tanti simpatici (ma non sempre graditi) fantasmini!
COME SI USA UN FLASH MANUALE, E COS'È IL NUMERO GUIDA?
Quando non esistevano ancora gli automatismi per i flash e non si sognavano i flash TTL, l'unica maniera per calcolare il diaframma da impostare con il proprio flash era quello di usare il Numero Guida, legato alla effettiva potenza del flash. Il Numero Guida, oggi in disuso vista la diffusione dei flash dedicati, è ancora quello a fianco del nome del fabbricante, per esempio Metz 45, Contax TLA30, spesso cammuffato con l'aggiunta di altri numerini (per esempio Contax TL140, il cui numero guida è 14). Attenzione ai riferimenti del numero guida: in Italia e in Europa in genere, è riferito a pellicole 100 ISO ed a distanze espresse in metri. In America a volte è per 400 ISO e le distanze sono in piedi, per cui la regola spiegata qui sotto porterebbe a risultati sbagliati (ed i fabbricanti spesso se ne approfittano per dare l'impressione che i loro flash siano molto potenti).
Il Numero Guida si calcola così:
Diaframma = Numero Guida diviso Distanza (in metri).
Per esempio, con un soggetto da fotografare posto a due metri avendo un flash con N.G. = 14 il diaframma sarà 14 diviso 2 = 7 (F/7 che approssimeremo ad F/8 oppure ad un valore tra 5,6 ed 8 sull'obiettivo). Questo diaframma vale per pellicole 100 ISO. Utilizzando pellicole di sensibilità diversa si traspone il valore ottenuto come di consueto, ragionando in termini di "stop". Per esempio con 400 ISO (2 stop più sensibile di 100 ISO), il diaframma da F/8 diventerà F/16. Il valore di diaframma così calcolato non deve essere assolutamente cambiato a meno di non volere espressamente una foto più chiara o più scura. Per quanto riguarda il tempo bisogna impostare quello indicato dal fabbricante della fotocamera come sincro X (per esempio, 1/125 con la Contax 167). Tuttavia in questo modo non si ottiene il cosiddetto fill-in, cioè la perfetta integrazione tra luce ambiente e luce flash. Per farlo possiamo giocare sul tempo di esposizione, con la limitazione che questo non può essere più breve del sincro X. Basta misurare la luce in manuale come di consueto ma usando come diaframma quello ottenuto mediante il numero guida e leggere il tempo di esposizione indicato dall'esposimetro (in pratica si lascia il diaframma fisso e si lavora solo sui tempi). Con le fotocamere in grado di funzionare a priorità di diaframma si può impostare il diaframma precedentemente calcolato e lasciare che la fotocamera metta il giusto tempo di otturazione, purchè, ripetiamo, più lento del sincroflash, ed abbastanza veloce per non produrre una foto mossa. Attenzione: non si può cambiare la coppia tempo/diaframma con un'altra coppia equivalente. Non funzionerebbe. Il bello di questa tecnica è che permette il controllo totale dell'immagine, cosa che è possibile a stento e con maggiori difficoltà con i più sofisticati flash moderni ed i programmi di esposizione più evoluti.
FLASH IN LUCE DIURNA (FLASH DI SCHIARITA O FILL-IN)
La luce "piena" è la peggiore soprattutto per fotografare le persone e fare i ritratti (è quella prediletta dai padri che fotografano i figli al mare con il sole negli occhi e smorfie incredibili). Oltre a dare fastidio al soggetto creano ombre bruttissime sul viso, perciò i fotografi più evoluti ricorrono al trucco del flash in pieno sole (si chiama flash di schiarita), che elimina le ombre (ma non le smorfie). Con le fotocamere moderne e flash TTL l'operazione è rapida, automatica ed indolore, lo è meno con fotocamere manuali e flash non-TTL. Anche se, per foto "belle", preferiremmo consigliare una luce ben più diffusa. Ecco le regole per sincronizzare un flash manuale con la luce diurna:
1) calcolare il giusto diaframma con l'apposita tabella o con la vecchia regola "numero guida diviso distanza" (valore riferito per pellicola 100 ISO, poi da eventualmente modificare).
2) con quel valore di diaframma verificare il corretto tempo di esposizione suggerito dalla fotocamera per la luce ambiente, stando attenti che il tempo ottenuto sia uguale o più lento del sincroflash.
3) si è così ottenuta la coppia tempo diaframma perfetta (se abbiamo ragionato bene) per bilanciare al 100% luce flash e luce ambiente, ma da qui inizia il bello.
Un fotografo che comincia a capire queste cose e ad adoperare flash e fotocamera in manuale, non si accontenta. Decide di modificare l'esposizione alla luce diurna o a quella del flash in modo personale per ottenere le immagini desiderate tenendo presente che:
1) se varia il tempo (sempre all'interno dei tempi di sincroflash) e lascia fisso il diaframma, otterrà l'ambiente più chiaro o più scuro rispetto a quello che viene illuminato dal flash.
2) se varia il diaframma e adegua il tempo (sempre all'interno dei tempi di sincroflash), l'ambiente resterà con la giusta esposizione, mentre cambierà l'importanza della luce flash. Poi ci si diverte ancora di più mettendo filtri diversi (complementari) sull'obiettivo e sul flash.
Un ulteriore consiglio per sincronizzare il flash con la luce ambiente: se questa è poca, non mettere 1/125 o 1/60 di secondo, ma scendere fino al tempo più lento che si è in grado di reggere con l'obiettivo montato (la soglia del mosso è pari al reciproco della lunghezza focale dell'obiettivo, insomma, 1/50 con il 50mm, 1/28 con il 28mm, etc...).
GLI OCCHI ROSSI NELLE FOTO COL FLASH
Una situazione che spesso si presenta al fotografo è quella di dover produrre immagini con il flash in luoghi poco illuminati, laddove "poco illuminato" è riferito alla golosità di luce cui è legata una pellicola fotografica, notoriamente molto meno sensibile dell'occhio umano.
In queste situazioni gli occhi reagiscono automaticamente aprendo al massimo le pupille ristabilendo per le persone la visione chiara e limpida dell'ambiente. In fotografia esiste un curioso e diffuso fenomeno, ma parimenti molto noioso, per il quale in queste condizioni di luce gli occhi delle persone appaiono diabolicamente rossi. Questo fenomeno si presenta ogni qual volta, nelle dette condizioni di luce ambiente, il flash è posizionato molto vicino all'obiettivo (meglio dire quando l'asse del flash è molto vicino e parallelo all'asse ottico dell'obiettivo). Questo fenomeno è causato dal semplice fatto che il flash illumina il fondo degli occhi, ovvero le retine, che, irrorate dal sangue, si rivelano appunto di colore rosso. Essendo l'asse dell'obiettivo così vicino a quello del flash la pellicola vede quanto il flash sta illuminando (in effetti, l'esatta realtà delle cose). Per evitare questo spiacevole effetto è necessario che gli assi del flash e dell'ottica siano il più lontani possibile ma anche il meno paralleli possibile. Per questo motivo i flash professionali (potentissimi) sono del tipo a torcia con la parabola che dista 20 cm dall'ottica. Addirittura una volta si usava la tecnica di tenere il flash con il braccio teso in alto a sinistra (a destra per i mancini). Con questa tecnica si evitava anche la durezza e l'appiattimento tipico dell'illuminazione frontale del flash restituendo "forme" e "profondità" ai soggetti. Le soluzioni possibili al fenomeno degli occhi rossi sono molteplici.
1) L'uso di flash del tipo a torcia.
2) L'uso di uno o più flash amatoriali posizionati a sinistra destra della scena e comandati da sincro cellule (cavo di prolunga di 5-7 metri tra il corpo macchina ed il primo flash e sincrocellula sul secondo flash).
3) Uso del lampo riflesso se disponiamo solo di un flash compatto ma di discreta potenza (NG 36-40), puntando il flash verso il soffitto così da illuminare la scena nel modo noto come "Window Light". Per questa tecnica (efficacissima) rimandiamo ad altra sede il calcolo esposizione.
4) Accendere tutte le luci possibili nell'ambiente e chiedere ai convenuti di guardare per un attimo le lampade così da consentire la chiusura delle pupille (questo ultimo metodo è l'unico utilizzabile se si dispone di una compatta o una delle ultime reflex con flash incorporato e senza flash supplementari).
5) I dispositivi anti-occhi rossi.
I fabbricanti hanno provato a dare il loro contributo alla soluzione del problema adoperando due tipi di soluzioni. Quella economica, posizionando sul corpo macchina una sorgente luminosa che, puntata sugli occhi delle persone prima dello scatto, produca un minimo di fastidio così da far chiudere le pupille. Questa soluzione è assolutamente inefficace a causa della debolezza del fascio di luce prodotto. La soluzione più costosa è, invece, quella del flash che emette una serie di prelampi, da uno (abbastanza efficiente) sino a quattro-sei tipo strobo (molto efficiente) per produrre la chiusura delle pupille. Può anche essere utile scattare più foto di seguito in modo che l'occhio non si riabitui alle condizioni di luce ambiente e rimanga chiuso per qualche istante.
LA CANON EOS 300 DISPONE DI UN SINCRO FP FINO A 1/2000 CON FLASH DELLA SERIE EX A LAMPO PROLUNGATO. DI CHE SI TRATTA ESATTAMENTE?
Bisogna partire da come funziona l'otturatore a tendina: per questo rimandiamo alla domanda FLASH E SINCROFLASH in questa stessa rubrica. Qui ricordiamo solo che non si può scattare con flash tradizionali con tempi di esposizione più brevi di quelli per cui la fotocamera è sincronizzata (sincroflash), perché verrebbe illuminata solo una porzione del fotogramma, precisamente quella corrispondente alla posizione della fessura nell'otturatore al momento del lampo del flash. Per superare questo limite si utilizza uno speciale flash che è in grado di generare molti impulsi successivi ad elevata frequenza, in modo tale che si ottiene, sostanzialmente, un'emissione di luce di durata "prolungata". Nel caso della macchina citata occorre un flash che in grado di emettere luce per una durata almeno di 1/200, cioè iniziare l'emissione, dare il tempo alla fessura dell'otturatore di percorrere su tutta la pellicola e poi di cessare l'emissione. Con questa tecnica si può sincronizzare il flash a qualsiasi velocità consentita dalla macchina (es. 1/12000 con Minolta), ma si paga un po' in potenza del flash, il cui numero guida, in queste condizioni, si riduce.
LA EXAKTA 66 HA IL TEMPO SINCRONIZZAZIONE FLASH DI 1/30. COME MAI È COSI' LENTO?
Il problema della sincronizzazione a 1/30 è comune anche ad altre fotocamere di medio formato, ed è dovuto essenzialmente alle dimensioni dell'otturatore, le cui tendine devono percorrere più strada di quanto non avvenga per il formato inferiore. L'unico modo per risolvere il problema sarebbe l'adozione di un otturatore centrale (come sulle ottiche Hasselblad serie "C"). La sincronizzazione flash a 1/30 è fastidiosa soprattutto quando si desidera fare il fill-in diurno, mentre non presenta problemi in condizione di bassa luminosità ambientale e neppure in macrofotografia, grazie alla caduta di luce dovuta all'aumentato rapporto di riproduzione.