Qualche volta è interessante abbandonare la fotografia tradizionale per sperimentare nuovi accostamenti di forme, colori e materiali. Per ottenere fotografie astratte basta solo guardare il mondo che ci circonda in modo diverso, con un pizzico di fantasia.
Nata come mezzo per riprodurre fedelmente la realtà, la fotografia si è man mano discostata da questa funzione scomoda e limitativa assumendo forme sempre più personali di rappresentazione andando spesso a braccetto con i contemporanei movimenti artistici e rendendo quanto mai incerto e labile il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Abbiamo già visto come una foto mossa non sia necessariamente una foto sbagliata ed i suoi rapporti con la pittura Futurista, abbiamo fatto bellissime foto sfocate, puntinate, maltrattato la Polaroid, bollito diapositive, arrivando ogni volta a creare delle foto che forse avevano ben poco a che fare con la fotografia tradizionale ma che senz'altro erano Immagini.
Il compito di stabilire quanto siano degne o meno di chiamarsi "fotografie" lo lasciamo a chi si diverte a fare dissertazioni anziché fotografie: noi, nel frattempo, continuiamo a scattare ed a divertirci.
È la volta della Fotografia Astratta che già con questo nome entra in contraddizione con la stessa ragione d'essere della fotografia, cioè quella di fornire una immagine coerente e comprensibile della Realtà che per sua natura è invece mutevole e instabile.
L'astrattismo restituisce alle forme la loro originale indeterminatezza, confusione e polivalenza di significati lasciando all'osservatore la possibilità di attribuire all'opera un suo significato e trarre una propria soddisfazione, interiore o solo degli occhi. Pensare una foto astratta vuol dire già di per sé fare un notevole passo avanti nella propria percezione visiva, allenando l'occhio a scrutare con attenzione il soggetto che gli sta dinanzi ed osservarlo non tanto nella sua globalità ma come insieme di singole parti, ognuna delle quali potrebbe essere una foto diversa che, mancando la vista del tutto, godrebbe di propria autonomia. Non è il classico giochino del "indovina cos'è?": è un arricchimento della propria fantasia, uno stimolo per creare nuove immagini, per non fermarsi alle "viste globali" e studiare accostamenti di forme, colori e materiali.
Non è il suggerimento di diventare "fotografi astratti" per tutta la vita né un tentativo di ripudiare la fotografia tradizionale ma un modo come un altro per esercitarsi nel difficile compito della Composizione ed una ennesima scusa per divertirsi a fare Fotografia.
Forse i primi che hanno sfruttato in questo senso le possibilità del mosso sono stati i futuristi. Sul Futurismo ed il Fotodinamismo si è detto e si è scritto molto. C'è chi li ha considerati due movimenti distinti, mentre c'è chi, forse più giustamente, li interpreta come due espressioni, grafica e fotografica, della stessa ricerca. Del resto il periodo storico è il medesimo ed anche il proposito, cioè quello di studiare la capacità di raffigurazione della dinamica degli oggetti nel divenire del loro moto. Questo non deve, pertanto, venire congelato come in una istantanea ma ripreso o rappresentato per tutta la sua durata. Queste ricerche sono avvenute nei primi decenni del secolo e, in campo fotografico, è particolarmente importante l'opera dei fratelli Anton Giulio e Arturo Bragaglia che asserivano: "E se del movimento noi riprodurremo solo la traiettoria, allora la sensazione di esso sarà ancora più completa e facile. Allora avremo raggiunto completamente il nostro fine artistico poiché, essendo un gesto per noi una pura sensazione dinamica ed essendo questa non altro che l'effetto prodotto sulla nostra sensibilità dalla traiettoria, possiamo far riprovare la sensazione dinamica del gesto e possiamo raggiungere il fine...".
Rino Giardiello © 12/1989
Da "L'Antro di Merlino", REFLEX dicembre 1989
Un esempio di come sia possibile passare dalla banale ripresa della Realtà (in questo caso i soliti casotti sul lungomare) ad una Immagine Astratta (solo colori).